RENDIMENTO AD ALTI E BASSI PER DUE SQUADRE IN CERCA DI CERTEZZE
Due squadre agli opposti, e non potrebbe essere
diversamente. Separate da sole 5
miglia di strada, da 4 fermate di metropolitana e da
oltre un secolo di rivalità, i due club del nord di Londra stanno vivendo una
stagione di luci e ombre, ma non con le stesse tonalità.
Il Tottenham in estate ha aperto un nuovo ciclo, sostituendo
un allenatore come Harry Redknapp che non è riuscito a renderlo una grande
squadra nonostante la presenza di giocatori di assoluto valore in ogni ruolo: Gallas,
King e Walker in difesa; Bale, Modric, Lennon e Van Der Vaart a centrocampo;
Adebayor, Defoe e Pavlyuchenko in attacco. Con tutto questo patrimonio il
Tottenham di Redknapp è riuscito a ottenere un ottavo posto (2009), un quarto
(2010) e due quinti posti (2011 e 2012), con un distacco medio di oltre 20
punti dalla capolista. Quando si parla di vincenti e di perdenti, si è soliti
dare del perdente a chi perde le
finali delle competizioni, dimenticandosi che erano vincenti fino al turno
precedente.
Negli ultimi 20 anni, il Tottenham ha vinto due soli
trofei: due Carling Cup (una competizione di sei/otto gare in tutto, se arrivi
in finale) nel 1999 e nel 2008.
Conclusa l’esperienza Redknapp, il club ha virato su Andrè
Villas Boas, in cerca di rilancio come la società. Dal mercato sono arrivati
alcuni volti nuovi come Dempsey, Vertonghen, Dembelè, Sigurdsson e Lloris. Nel
processo di rinnovamento sono dovuti partire i due “cervelli” della squadra,
Modric e Van Der Vaart, così come Saha, Pienaar e Dos Santos, mai esplosi con
gli Spurs.
La stagione è cominciata col freno a mano tirato: due punti
nelle prime tre partite. A partire dalla trasferta di Reading, però, sono
arrivate 5 vittorie in 6 partite, colpendo anche il Manchester United
nell’unica sconfitta all’Old Trafford dei Red Devils. Ma un nuovo periodo
negativo era dietro l’angolo: tre sconfitte consecutive, tra cui una col Wigan
e un secco 5-2 nel derby con l’Arsenal. Proprio quando sembravano affondare, i
Lilywhites sono risorti, con 3 vittorie nelle successive 4 gare, l’ultima delle
quali è il successo di domenica contro lo Swansea.
Il tecnico è stato bravo a sostenere la squadra nei momenti di massima
difficoltà, dichiarandosi orgoglioso dei suoi giocatori anche nel post-partita
di un derby perso malamente. Il gioco va e viene, ma in fondo con un tecnico
nuovo si può anche concedere. Predilige il gioco sulle fasce, non
necessariamente per andare al cross, ma spesso per saltare l’uomo e giocarla
rasoterra. In questo gli interpreti sulle corsie laterali sono ottimi, con Bale
da una parte e Lennon dall’altra. Forse Adebayor non è il centravanti ideale
per questa interpretazione offensiva, mentre Defoe di sicuro sposa meglio la
filosofia e infatti la sua stagione è straordinariamente positiva fino a questo
momento. A sostegno delle punte c’è Dempsey, che sta provando ad abbassare un
po’ il suo baricentro d’azione, ottenendo risultati alterni, così come la
squadra d’altronde.
Il calendario adesso viene incontro al Tottenham, che dovrà
affrontare Stoke City, Aston Villa, Sunderland, Reading e Queen’s Park, tutte
squadre di bassa classifica tranne lo Stoke (che però ha una sola vittoria in
trasferta): per una squadra che vive di strisce positive e negative è
l’occasione di fare cassa. Il prossimo mese ci dirà se sono vincenti o
perdenti.
Per una squadra che è all’inizio di un nuovo percorso, ce
n’è una che forse è arrivata alla conclusione del suo. Si parla dell’Arsenal,
naturalmente, che mai così insistentemente ha sentito parlare di conclusione
dell’epoca Wenger sulla propria panchina. Arrivato a Londra nel 1996,
l’allenatore alsaziano ha sempre portato l’Arsenal tra i primi quattro posti in
classifica, vincendo tre campionati, quattro FA Cup, quattro Community Shield e
sfiorando la Champions League
nel 2006. Il lavoro di Arsene Wenger però non si è mai limitato soltanto ai
risultati ottenuti, ma anche, se non soprattutto, alla creazione di una delle
migliori scuole calcio del mondo. Il tutto spendendo molto meno delle
concorrenti (approssimativamente la metà di quanto hanno speso il Manchester
United e il Chelsea nello stesso arco di tempo). Il pubblico dimostra di
gradire, tanto che nella partita in cui ha avuto meno tifosi quest’anno, ha
sfiorato comunque il tutto esaurito (58 000 paganti su una capienza totale di
60 000).
Come spesso è accaduto negli ultimi anni, in estate i
Gunners hanno fatto cassa, cedendo un pezzo pregiato come Van Persie ai rivali
dello United. I soldi però sono stati reinvestiti nel mercato, con l’acquisto
di Podolski, Cazorla e Giroud.
La stagione è cominciata come aveva previsto il tecnico, ovvero con un periodo
di adattamento (sia alla squadra, sia alla Premier) dei nuovi arrivati e
infatti le prime due uscite sono stati due 0-0. Per tre giornate i Gunners
sembravano aver ingranato le marce alte, vincendo col Liverpool, col
Southampton per 6-1 e fermando il City sull’1-1 all’Etihad. Sembrava che tutto
fosse tornato nella normalità e invece da lì in poi sono arrivati soltanto
risultati discontinui: sconfitta, vittoria, sconfitta, vittoria, sconfitta,
pareggio. L’occasione per rilanciarsi la offriva il derby con il Tottenham e
l’Arsenal è stato bravo a sfruttarla al meglio. La roboante vittoria per 5-2
sembrava poter cambiare la stagione dei bianco-rossi, che tornavano in corsa
per la zona Champions. Ma proprio quando doveva aggiustarsi tutto, l’Arsenal si
è rotto di nuovo: due pareggi con Aston Villa ed Everton, la sconfitta con lo
Swansea e la sconfitta in Champions contro il già eliminato Olympiacos che le
ha fatto sfuggire il primato del girone all’ultima giornata. Le voci
sull’esonero di Wenger ritornavano a leggersi sui tabloid, ma ancora una volta
il gruppo si è risollevato e ha sconfitto la squadra più in forma della Premier
in quel momento (il West Bromwich Albion) e nel Monday night di ieri ha
triturato il Reading per 5-2 in
trasferta.
E’ una stagione senza capo né coda fino a questo momento, con una squadra
capace di perdere e vicere con le grandi, le piccole e le medie. E’ un gruppo che forse effettivamente sta
iniziando a sfuggire di mano all’allenatore, e che non gli perdona di aver
lasciato partire una bandiera dello staff come Pat Rice (400 presenze con
l’Arsenal da giocatore e 16 anni da vice di Wenger) e di non aver scelto di
fatto un vero sostituto tecnico oltre che emotivo di Fabregas l’anno scorso. Lo
stesso allenatore ha ammesso di dover conquistare un trofeo per restare sulla
panchina, e il campionato ormai non è più alla portata. Gennaio e febbraio
saranno i mesi più duri per la squadra: le sfide con City, Liverpool e Chelsea
in tre turni consecutivi, e gli ottavi di Champions contro una prima
classificata. E’ il momento più difficile della storia di Wenger in sella
all’Arsenal, su di un cavallo pazzo che deciderà il suo destino. Vedremo dove
arriverà al traguardo.
Valerio Brutti