Idee fresche. Idee nuove.

Idee fresche. Idee nuove.
Ciao a tutti siamo Davide Bernardi & Nicolò Smerilli, due studenti della Università Cattolica di Milano. Abbiamo deciso di creare questo blog perchè il nostro sogno è quello di diventare giornalisti professionisti e quindi vorremmo farvi sentire le nostre idee. In questo "portale" noi non ci proponiamo di offrirvi novità o notizie che altri non hanno, ma come già detto, darvi la nostra opinione riguardo i maggiori eventi calcistici. Il titolo "DiscoveryFootball" nasce dall'idea di analizzare, proprio come fa il più famoso Discovery Channel, il mondo del pallone. Quindi se vi va di sentire delle voci "nuove" e "fresche", seguiteci! D.B & N.S

giovedì 31 gennaio 2013

MATEO KOVACIC: COLPO ALLA MORATTI!


L'INTER RISPONDE AL MILAN CON IL NUOVO GIOIELLINO CROATO

Nel penultimo giorno di mercato l'Inter compie un passo deciso per il completamento della rosa, sfumato l'obbiettivo Paulinho gli uomini di Marco Branca hanno lavorato tutta la giornata per portare a Milano uno dei giovani più promettenti del calcio europeo.
Kovacic è croato, ma è nato in Austria nel 1994 e proprio nella sua città natale, Lask Linz, ha mosso i primi passi da calciatore all'età di sei anni. Nel 2007, a soli tredici anni, si è trasferito in Croazia per giocare nella Dinamo Zagabria, società nella quale è diventato titolare ancor prima di diventare maggiorenne.
In Croazia nessuno pensa più che sia una promessa, non è un giocatore su cui porre le proprie speranze, è considerato il '94 più forte in Europa e a testimoniarlo ci sono le 12 presenze in Champions League e i 5 gol messi a segno in campionato, il primo proprio all'esordio.
La società nerazzurra ha bruciato la concorrenza di molte big, tra cui Manchester United, Manchester City e Real Madrid, ma soprattutto dell'Arsenal, società vigile sui giovani di tutta Europa che la scorsa estate aveva già formalizzato un'offerta di otto milioni rispedita prontamente al mittente.
Le cifre non sono importanti, ma si parla di un esborso di 11 milioni di euro più 3-4 di bonus, quindi un affare oneroso per una società che sta cercando di risparmiare in ogni trattativa. Questa spesa fa capire quanto l'Inter creda nel ragazzo di Zagabria.

Su questo baby fenomeno c'è un retroscena, il presidente Massimo Moratti a cui piace condurre le mosse di mercato e esprimere la sua opinione sui giocatori da acquistare  ha sempre avuto un debole per il centrocampista del Real Madrid Luka Modric, ha provato a farci un pensierino visto il poco impiego nei merengues, ma il suo ingaggio era troppo elevato per le casse della società milanese quindi appena è venuto a conoscenza dai suoi collaboratori che era possibile fare un tentativo per un giocatore paragonato proprio al giocatore madrileno non ha posto ostacoli come avvenuto per Paulinho.

Conosciamo meglio il nuovo acquisto interista:
all'inizio della carriera giocava con seconda punta, ma come in tutta Europa vista la carenza di “piedi buoni” in mezzo al campo il suo allenatore ha deciso di spostarlo a centrocampo, fino a provarlo da regista davanti alla difesa in qualche occasione.
Le sue caratteristiche principali sono la velocità di gamba e di pensiero ed una ottima tecnica di base.
L'ex stella del Milan Zvonimir Boban ha dichiarato a speciale calciomercato:”Lui il nuovo Boban? Ha le potenzialità per essere anche meglio di me. E' un talento completo, non ancora un regista ma una mezzala pura. Può giocare da mezzala che è il suo ruolo ma in futuro può fare anche il playmaker basso, ha i tempi di gioco e potenzialità enormi. E' veloce, rapido, ha grande tecnica e l'inter ha fatto benissimo ad acquistarlo”.

Il giocatore è sicuramente dotato, ma bisogna cercare di non mettergli addosso troppa pressione che potrebbe solo “bruciarlo”, inoltre in Italia c'è poca pazienza per i giovani e soprattutto per gli investimenti così importanti quindi Stramaccioni dovrà essere bravo nel gestirlo.
L'auspicio è che finalmente l'Inter abbia trovato un giovane capace di guidare al rinnovamento un gruppo che è ancora bisognoso di nuovi innesti e di un'identità precisa.
Kovacic va ad arricchire la lunga schiera di giovani speranze interiste, di cui possiamo ricordare i vari Benassi, Livaja, Longo, Obi, Crisetig M'Baye e Juan Jesus. Tutti giocatori che possono scrivere una nuova pagina della storia della squadra meneghina.

Giammarco Bellotti
@GiamBellotti on Twitter

mercoledì 30 gennaio 2013

EDITORIALE JUVE: E' GIUSTO COSI'!

IN FINALE CI VA LA SQUADRA CHE CI HA CREDUTO DI PIU'.

Alla fine è giusto così. E' giusto che ad andare in finale sia la Lazio di Petkovic. Guardando i numeri dei 180 minuti probabilmente ci si aspetterebbe un esito diverso. La Juve, nella gara d'andata avrebbe meritato largamente una vittoria, che invece non è arrivata, anche grazie alla tenacia e alla capacità di soffrire dei biancocelesti. E invece no, la Lazio ci mette la voglia tipica degli uomini di Conte e quella cosa che a Torino hanno un pò perso di vista nelle ultime due stagioni: il cinismo. Dopo l'1-1 firmato Mauri a Torino nell'unica vera sbavatura della difesa juventina, ieri sera sono bastate due occasioni per segnare due gol.
Come la settimana scorsa, la Juve cade sul più bello. All'andata quando la vittoria era ad un passo, al ritorno quando la partita sembrava riacciuffata per i capelli dal gol di Vidal al 91'.

Ancora una volta l'Olimpico non porta bene agli uomini di Conte, che dopo avervi perso la finale l'anno scorso col Napoli, quest'anno si fermano una tappa prima.
Va detto che la Juve giocava con metà squadra titolare fuori, mentre la Lazio ha schierato la formazione tipo, ma questa attentuante non basta a spiegare la vittoria della squadra di Lotito.
Sul piano atletico la Juve è parsa in ripresa, a preoccupare per la seconda volta dopo il pareggio col Genoa è stato invece il gioco. Troppo prevedibile e lento, complice le assenze di Marchisio e Pirlo. Non che Giaccherini e Marrone si siano comportati male, anzi, sono stati tra i migliori, ma fgli inserimenti del "Principino" e le verticalizzazioni dell'"Andreino da Brescia" sono un'altra cosa!
Per quanto riguarda il reparto arretrato, ecco l'ennesimo gol preso a sinistra, dove Peluso, perdendosi Gonzales rovina una prestazione (l'ennesima!) da 7 in pagella. Di Bonucci e Barzagli c'è poco da dire.
Le fasce hanno invece inciso poco. Isla, complice lo scarso impiego e il plausibile timore post-infortunio è stato a tratti imbarazzante, Padoin invece è come se in campo non fosse neppure sceso.

Per quanto riguarda l'attacco, Giovinco-Vucinic è una coppia che può stare in campo se la Juve sta bene atleticamente e riesce a schiacciare gli avversari negli ultimi 30 metri. Con le loro capacità tecniche infatti, sono in grado di esaltare al meglio gli inserimenti dei centrocampisti. Dimostrano invece tutti i propri limiti quando, in partite come queste, dove c'è bisogno di una presenza che tenga alta la squadra e che pareggi la fisicità di giocatori come Ciani e Diaz, rimangono troppo fuori dall'area, ottenendo solo il risultato di intasare la manovra bianconera.

Se nell'arco dei 180 minuti di una semifinale, sbagli gol a grappoli quando è il momento di chiudere i conti, se prendi gol due volte da calcio piazzato perchè un marcatore si è perso l'avversario, se all'82' un tuo attaccante invece di far salire la squadra e provare ad aumentare il forcing tira da 45 metri, se prendi gol al 93' dopo aver pareggiato due minuti prima, se al 94' sbagli due gol grandi come tutto l'Olimpico, allora si, meriti di uscire!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 oon Twitter

lunedì 28 gennaio 2013

EDITORIALE: IL CHARTER PER L’EUROPA PARTE DA BERGAMO-ORIO AL SERIO, EL SHAARAWY TORNA A FAR VOLARE IL MILAN


IL SUCCESSO PER 1-0 CONTRO L’ATALANTA CONSENTE AI ROSSONERI DI SCAVALCARE LA FIORENTINA E RAGGIUNGERE IL QUINTO POSTO IN SOLITARIA, A - 3 DALL’INTER

Quarto risultato utile nelle ultime cinque partite, ottavo nelle ultime nove: se la matematica non è un’opinione, il Milan sembra essere finalmente partito alla ricerca della formula per poter conquistare il biglietto destinazione Europa. Guai, però, ad abbassare la guardia: dalla trasferta di Bergamo sono arrivati 3 punti firmati El Shaarawy, tornato al gol dopo cinque partite (l’ultimo nel 4-1 al Pescara del 15 Dicembre scorso), ma la prestazione della squadra di Allegri è stata altalenante, complice un’Atalanta in un momento tanto pessimo quanto il terreno dell’Atleti Azzurri D’Italia.

Le note positive arrivano, ancora una volta, dall’asse El Shaarawy-Niang: con il Faraone diventato ormai una più che piacevole sorpresa, il francese sta conquistando sempre più spazio, mostrando impegno, buona capacità nell’uno contro uno e rivestendo anche il ruolo di assistman all’occorrenza(suo lo splendido passaggio filtrante per il gol partita di El Shaarawy). In fase difensiva la squadra di Allegri non ha sofferto troppo gli attacchi orobici: Abbiati non ha mai compiuto una parata nell’intero arco del match, salvo sventare in uscita qualche cross insidioso. Zapata, salvo una disattenzione nel finale di tempo che non ha portato a gravi conseguenze per i suoi, ha giocato una partita solida, così come Mexès, protagonista finalmente di un match senza cali di concentrazione. Sufficienti le prestazioni di Abate e Constant, mentre in un centrocampo dove Montolivo continua a sfornare ottime prestazioni continua a deludere Boateng, sempre più lontano parente del giocatore ammirato nelle due precedenti annate: cambiare mentalità in campo e non il proprio look sarebbe la soluzione migliore. Flamini ha giocato un match discreto, meglio nella ripresa, andando addirittura 2 volte vicino al gol, sfiorato in due occasioni anche da un Pazzini nervoso ma premiabile per il solito impegno: giocare due partite consecutive placcati da difensori rudi quali Portanova e Stendardo non è certamente la più facile delle imprese.

Ciò in cui il Milan ha peccato è stato il non chiudere la partita, con un’Atalanta che, nonostante la non eccessiva pericolosità, ha provato a mettere in difficoltà i rossoneri sino all’ultimo. Da rimproverare oltretutto la gestione cambi di Allegri: effettuare la prima sostituzione all’85esimo resta una decisione incomprensibile, tanto quanto l’ingresso di uno svogliato Robinho per El Shaarawy.

Da Bergamo-Orio al Serio, l’aereo per l’Europa è pronto per il decollo: starà al Milan, impegnato domenica prossima nel posticipo contro l’Udinese, indirizzarlo verso la partenza . E con El Shaarawy comandante, potrebbe esserci un copilota a sorpresa: la telenovela Kakà sembra non essersi conclusa del tutto e per Balotelli l’offerta è alle porte. Per volare, chissà, sempre più in alto.

Simone Nobilini
(@SimoNobilini on Twitter)

domenica 27 gennaio 2013

POLEMICHE ARBITRALI: L'UNICA VERGOGNA E' LA MANCANZA DI CHIAREZZA!

OGNUNO LA PENSA COME VUOLE, IL REGOLAMENTO NON LO CALCOLA NESSUNO E QUESTO E' IL RISULTATO

Riguardo Juve-Genoa di ieri sera, sarebbe bello poter iniziare dalla prestazione poco brillante dei bianconeri, dall'ennesiama serata storta di De Ceglie, dal bel debutto in A di Stefano Beltrame, dall'applicazione tatica degli uomini di Ballardini.
Sarebbe bello e invece non si può! Troppo macroscopici gli errori arbitrali che, bisogna dirlo, hanno condizionato il risultato finale della partita.

La nostra filosofia è sempre stata quella di non parlare della classe arbitrale, ma quando le contraddizioni ( e tutto quello che segue il 90') influenzano in maniera tanto importante il mondo che ogni giorno vi raccontiamo, stare in silenzio è impossibile.
Il primo episodio avviene al 13' del primo tempo, quando Vucinic su un corner del Genoa tocca evidentemente il pallone con un braccio. Posto che, definire involontario un tocco di mano in area, significa dare del "poco furbo", per usare un eufemismo, a un giocatore, il braccio di Vucinic aumenta visibilmente il volume del corpo e cambia palesemente la traiettoria del pallone.
L'arbitro di porta Romeo è lì per quello, ma fischi di Guida non se ne sentono.
Il copione si ripete nel secondo tempo, quando Vucinic da carnefisce diventa vittima. Antonelli impedisce al montenegrino di raggiungere il pallone, ma ancora una volta Guida e Romeo lasciano correre.
Le polemiche scoppiano sull'episodio al 93', quando il cross di Lichtsteiner finisce prima sul piede e poi sul braccio larghissimo di Granqvist. Ancora una volta il rigore non viene fischiato.

Dopo tutto questo minestrone, proviamo a fare un po' di chiarezza. (sembra una barzelletta!)
Il regolamento recita: "Non deve essere considerato intenzionale il gesto istintivo di ripararsi il viso e/o il basso ventre dal pallone o se per naturale movimento del corpo, il calciatore tiene le braccia distaccate dal corpo e il pallone vi urta contro".
Tanto per aiutarci, il punto successivo, quello in cui si specifica se il calcio di rigore sia punibile con un cartellino o meno, cita: "Va punito quando il fallo di mano priva la squadra di un' evidente occasione da gol". La cosa paradossale è che tutto ciò è successo pur senza che il rigore sia stato fischiato.
Se poi a tutti gli ingredienti, ci aggiungiamo il "Non me la sono sentita di fischiarlo" che l'arbitro Guida ha detto a Conte a fine partita, la frittata è fatta.

Dopo tutto ciò, una riflessione è d'obbligo: i rigori possono essere segnati o meno, ma che almeno ci sia chiarezza e quindi coerenza nell'assegnarli, è chiedere troppo?! Fare in modo che anche agli arbitri venga data l'opportunità di spiegare o in alcuni casi di scusarsi per eventuali decisioni dubbie, è tanto sbagliato?!
Sembra che ai "capi" del nostro calcio piaccia rimanere chiusi in un mondo che, mai come in quest'anni, sta dimostrando tutti i propri limiti e difetti.
Nel football americano e nel rugby, gli arbitri hanno un microfono che permette a tutti gli spettatori di capire le varie scelte. Senza andare troppo lontano, in Germania qualche mese fa, dopo vari errori contro il Borussia Dortmund in una partita di BundesLiga, l'arbitro Stark chiese scusa pubblicamente nel post partita per le sviste.
Arrivare a questo livello non ce lo sognamo nemmeno. Non siamo tanto illusi.
Noi chiediamo solo una cosa: chiarezza!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

venerdì 25 gennaio 2013

VIDEO - IN THE BOX: ZAHA, IL RAGAZZO CHE HA FATTO SCOMODARE SIR ALEX!

PERSONALITA' E TALENTO DA VENDERE: ECCO IL NUOVO GIOIELLO DEI RED DEVILS

Si presenta a vent'anni alle visite mediche per il Manchester United, con la maglia di Imogen Thomas, ex amante di Ryan Giggs, bandiera storica dei Red Devils e già capisci che non si tratta di un ragazzo qualunque. Poi lo vedi con il pallone tra i piedi e te ne convinci definitivamente: no. Wilfried Zaha non è un ragazzo come tutti gli altri.

Il protagonista di oggi è di origine ivoriana, ma indossa la maglia dei Tre Leoni inglesi: nato ad Abidjan il 10 novembre 1992, Dazet Wilfried Armel Zaha.
Cresciuto calcisticamente nel Crystal Palace, che lo prelevò nel 2005 dall'ASEC Mimosas, squadra della sua città natia, il giovane Zaha viene già paragonato addirittura a Samuel Eto'o.
Attaccante alto 1.80, è un atleta duttile; può infatti giocare da centrale, grazie alla sua stazza, ma al contempo è impiegabile da esterno offensivo, grazie al suo dinamismo e alla sua capacità di puntare l'uomo.
La sua dote principale è sicuramente l'uno contro uno. All'apparenza un pò macchinoso nello stretto, in realtà è molto abile nel saltare il diretto avversario con doppi passi e giocate molto interessanti. Nelle movenze ricorda un altro giovane inglese, che già veste il rosso di Manchester: Danny Welbeck

Il giovane di origine ivoriana non è sicuramente un goleador, considerando i 14 gol in 106 partite, ma le doti e le potenzialità per diventare grande ci sono tutte. Se poi si considerano i 15 milioni di sterline (20 milioni di euro ca.) che il Manchester ha investito per il suo acquisto, ci si rende conto di quanto Ferguson creda in lui.
Il baronetto scozzese infatti si è scomodato in prima persona per battere la concorrenza dell'Arsenal e portare il ragazzo a Manchester.
La formula del trasferimento prevede che Zaha rimanga fino a giugno al Palace, arruolandosi nella truppa dei "diavoli rossi" solo a partire dalla prossima stagione.

Con questo acquisto Ferguson continua il ciclo di rinnovamento del suo Manchester, considerando anche che Valencia ha iniziato la fase discendente della sua carriera, Nani non ha mai fatto il salto di qualità che ci si aspettava e Giggs prima o poi dovrà smettere di giocare.
Sir Alex sta cercando uno con la stessa personalità e talento dell'ala gallese e a giudicare dalle prime impressioni, Zaha sembra essere sulla strada giusta.






Davide Bernardi
@DavideBernardi6

martedì 22 gennaio 2013

CHAPEAU!: NEAL MAUPAY, IL RAGAZZINO CHE STA FACENDO IMPAZZIRE LA FRANCIA!

HA SOLI 16 MA HA GIA' SEGNATO IN LIGUE1. GLI OCCHI DI META' FRANCIA SONO PUNTATI SU DI LUI

Immaginate di essere al cinema. Pop corn da un lato, bibita dall'altro. In scena va il classico film in cui la vita si mischia e si plasma con e attraverso il calcio.
Si arriva alle scene finali: la squadra di casa perde già 2-0 dopo pochi minuti. Con coraggio e cuore rimette in sesto la partita. Manca poco alla fine, si è sul 2-2. All'87' la panchina chiama un cambio. In campo entra un ragazzino (il protagonista!), avrà si e no 16 anni, sulla maglia c'è solo il numero 33, il nome no!
Dopo pochi istanti dal suo ingresso, un tiro cross attraversa l'aria avversaria; il ragazzino stoppa e segna di destro. Lo stadio esplode. La sua squadra vince. E vissero tutti felici e contenti..

Il nostro protagonista però il film non l'ha guardato al cinema, l'ha vissuto: nato a Versailles il 14 agosto 1996, Neal Maupay. Avete capito bene, il ragazzo ha davvero 16 anni e rappresenta il più giovane calciatore dell'OGC Nizza ad aver esordito e segnato in Ligue1.
Il gol che vi abbiamo raccontato precedentemente Neal lo realizzò lo scorso 15 dicembre nella 18esima giornata di Ligue 1 contro l'Evian. Nei due mesi precedenti aveva già fatto in tempo ad esordire in campionato e a partire titolare in Coppa di Francia contro il Lione, provocando l'espulsione di Bisevac. Nei due successivi invece a rifilare il destro al volto che ha steso il Lille sul ring di casa.  Nizza è letteralmente impazzita per lui.
Arrivato giovanissimo in Costa Azzurra, Maupay ha svolto tutta la trafila nelle giovanili rossonere e contemporaneamente ha fatto valere le proprie doti anche nelle selezioni francesi. Capitano dell'U16 e attuale dell'U17 transalpina.
Attaccante alto 1,71 m., è dotato di grande dinamismo e rapidità, qualità che gli permettono di inserirsi alle tra le linee. Figlio di madre argentina, in campo sfodera la classica garra albiceleste. Anche per questo si presta bene a tutti i ruoli dell'attacco, compreso quello di punta centrale. Nonostante l'età e la statura è dotato infatti di buona massa muscolare, che gli permette di non subire troppo i contrasti con difensori ben più navigati e robusti di lui.
A colpire maggiormente di questo ragazzo sono l'intelligenza tattica e la maturità dimostrata in campo, vedere per credere l'incontro tra Lille e Nizza di domenica scorsa.
Maupay avendo 16 anni non ha ancora un contratto pro e per questo in Costa Azzurra hanno paura che le Petit Roy possa presto ingolosire qualche grande europea; per cautelarsi la società di Rivere ha vietato al ragazzo qualsiasi contatto con i media.

Il piccolo Neal non è la pepita d'oro caduta dal cielo, ma rappresenta invece i frutti di un lavoro che il Nizza ha fatto sul proprio settore giovanile; la vittoria della scorsa edizione della Coupe Gambardella, il Viareggio d'oltralpe, ne è la prova.
Dopo anni difficili infatti, anche grazie al nuovo azionista di maggioranza Jean-Pierre Rivere, il club si sta rialzando. Tra non molto potrà contare su uno stadio nuovo, l'Allianz Riviera, che avrà il compito di rilanciare l'immagine del club.

C'è una parte della Francia dunque in cui non si parla ne di Ibra ne di Thiago Silva, riuscireste a crederci?!
Chapeau Neal, te lo meriti!



DavideBernardi
@DavideBernardi6


TIKI-TAKA: ANCHE I MARZIANI SANNO PERDERE, SIMEONE RICOMINCIA A SPERARE

INASPETTATA SCONFITTA DEL BARCELLONA A SAN SEBASTIAN, L'ATLETICO VINCE E TORNA A -8, REAL MADRID DEVASTANTE A VALENCIA


Sembravano invincibili come la celebre Armada, ma alla fine, come la famosa flotta spagnola del sedicesimo secolo, anche il Barcellona è stato finalmente sconfitto. Finalmente,  perché questa Liga rischiava davvero di venire chiusa aritmeticamente a marzo con i blaugrana affamati di punti come se fossero delle belve feroci. A fermare la cavalcata trionfale dei ragazzi di Tito (tornato a New York per continuare le sue cure) è la Real Sociedad. La squadra basca mette in mostra lo spirito orgoglioso tipico della regione non arrendendosi al doppio vantaggio catalano firmato da Messi, decima giornata consecutiva in gol per la pulce di Rosario, e Pedro Rodriguez. Complice anche l’espulsione di Piquè a inizio ripresa e l’ambiente caldissimo  dell’Anoeta, la squadra di Montanier pareggia i conti con la doppietta di Chory Castro trovando poi la rete della vittoria al 91’ con Agirrexte. 

Sconfitta blaugrana che rinvigorisce le due squadre di Madrid. Il Real annienta con un perentorio 0-5 il Valencia al Mestalla con le doppiette di CR7 e Di Maria e la rete iniziale di Higuain. Ma il vero protagonista della gara è il tedesco Mesut Ozil, protagonista con delle giocate sopraffine e autore di due delle cinque reti madridiste. I 15 punti di distanza dalla capolista non permettono di sognare alla squadra di Mourinho ma almeno per una gara il Madrid è parso lo schiacciasassi della scorsa stagione; siamo certi che anche Ferguson, futuro rivale dei blancos negli ottavi di Champions League stia sperando che sia solo una “prestazione passeggera”. Anche l’Atletico approfitta dello stop di Xavi e compagni, vincendo per 2 a 0 in casa contro uno spento Levante. Nella serata in cui per una volta Falcao non è protagonista a causa di un’uscita anticipata per infortunio(i primi esami non hanno riscontrato niente di grave) ci pensa Keko a regalare spettacolo con un grande destro a giro che chiude la partita. Si conferma un fortino inespugnabile il Vicente Calderon dove la squadra di Simeone ha vinto 11 volte su 11 subendo appena 6 gol. 

Non si può certamente parlare di Liga riaperta, ma se i colchoneros ci credevano la settimana scorsa quando erano ancora a undici lunghezze dalla vetta, perché non sperarci ora che i punti di distacco sono  otto, c'è lo scontro diretto da giocare in casa e il Barcellona deve ancora visitare il Bernabeu? Magari sperando anche in un aiutino del Milan a cavallo del doppio impegno di coppa. Infondo anche l’Invincibile Armada sembrava destinata a spadroneggiare nei mari, ma poi com'è andata a finire è storia.

Nicolò Smerilli
@NiSmerilli on Twitter

lunedì 21 gennaio 2013

INTER: IN GIUGNO COME IN GENNAIO..CI PENSA SEMPRE IL GIAGUARO!

E’ LUI, SEMPRE DI PIU’, L’ANIMA DELL’INTER CHE TORNA AD OTTENERE UN RISULTATO UTILE IN TRASFERTA DOPO QUASI DUE MESI E MEZZO 
 
Due mesi e mezzo. Tanto il tempo trascorso dall’ultimo risultato positivo ottenuto fuori casa dai ragazzi di Stramaccioni. Dall’ormai lontanissimo 3 novembre 2012, infatti, giorno della favolosa impresa inscenata in quel di Torino, nell’affascinante e, fino ad allora, immacolato teatro dello Juventus Stadium, la compagine nerazzurra non riusciva a conquistare almeno un punto lontano da Milano: 4 trasferte (Atalanta, Parma, Lazio e Udinese), 4 sconfitte. Otto gol subiti, solo due quelli realizzati (entrambi nella gara di Bergamo per altro). Un ruolino di marcia decisamente inaccettabile, oltre che particolarmente curioso se consideriamo il fatto che, ad inizio stagione, il vero fortino di punti l’Inter l’avesse costruito proprio con un filotto di vittorie esterne.

Un’Inter dunque che si presentava all’Olimpico parecchio acciaccata, se non totalmente tartassata, dai vari infortuni: su tutte, pesantissime le assenze là davanti di Cassano (risentimento all’adduttore sinistro) e Milito (ginocchio), alle quali è obbligatorio sommare le ormai lungodegenze di Coutinho e Alvarez. In difesa, invece, relativamente importante la mancanza di Walter Samuel, sopperita, deo gratias, dal ritorno in campo a pieno titolo di Cristian Chivu. Un ritorno ormai ufficiale e, oserei dire, fondamentale per Mr. Stramaccioni: lo ha sempre dichiarato il tecnico romano, avere Chivu a disposizione in mezzo alla difesa è sempre stato un suo pallino, un suo grande desiderio. Si perché il centrale rumeno ha caratteristiche diverse rispetto a tutti gli altri compagni: permette sempre di avere un tempo in meno, impostando l’azione già da dietro e svolgendo perciò, nel limite delle sue possibilità, quel ruolo da regista (in questo caso difensivo) che all’Inter manca come il pane.

Stramaccioni però ha avuto il merito di reinventare Fredy Guarin trequartista: è lui l’anima della squadra, è lui l’uomo che riesce a dare quella necessaria marcia in più, che riesce a cambiare tante volte le sorti delle gare. A volte sembra anche esagerare, ma vederlo partire dalla sua area e “sgroppare”, incessante, per 60 metri trascinando la squadra rende benissimo la dimensione del giocatore. Ci si accorge della sua importanza soprattutto quando non lo si nota: come ieri sera, in un primo tempo che fino alla mezz’ora l’aveva visto ben poco protagonista. Appena si è svegliato, però, anche il più disattento tifoso dormiente non poteva non accorgersene. Totale cambio di passo, con l’Inter che reagisce allo svantaggio ottenendo un pareggio piuttosto meritato.Stramaccioni l’aveva preparata così, con tanto pressing fin da subito, sia per dare al centrale maggiore libertà possibile di muoversi in mezzo al campo ed impostare l’azione, sia per contrastare già nella metacampo avversaria tutte le fonti di gioco giallorosse. Pur lasciandogli fare la partita, lo scopo diventa il tentare di concedere loro il meno possibile. Altro input della serata, attaccare e attaccare la profondità per mettere in difficoltà la linea difensiva romanista, quasi nella speranza che prima o poi gli uomini di Zeman un fuorigioco lo sbaglino.
Così, nella prima frazione di gioco, si osserva un’Inter vivace praticamente solo sulla fascia sinistra, dove un buon Alvaro Pereira vince il suo duello personale con Piris e, per lo meno, offre qualche buona soluzione. Altre opzioni, infatti, non se ne trovano: il centrocampo sostiene pochissimo le due punte, costrette a combattere e faticare per ricevere palloni utili. Palacio spesso è obbligato ad uscire dalla sua zona di competenza, lasciando il povero Livaja sempre solo in mezzo all’area. Un Livaja che, tuttavia, dopo un inizio confuso e stentato, inizia piano piano a carburare e ad un certo punto quasi trascina i suoi compagni, da “Puntero” vero, mostrando anche colpi sinceramente mai visti prima durante le sue apparizioni. Se per caso finisce in rete quel colpo al volo di sinistro stampatosi sul palo interno, il giorno dopo tenetevi pronti ad assistere ad un’apoteosi di complimenti ed elogi da parte di tutta quanta la stampa nazionale.

La Roma intanto costruisce l’azione del rigore e del vantaggio. Rigore dubbio, forse, ma non importa: non è nella nostra filosofia annoiare e rivangare su ogni errore, presunto o tale, commesso dalla classe arbitrale. DiscoveryFootball parla di Calcio e ama il Calcio, con la “C” maiuscola. Proteste e chiacchere da Bar Sport preferiamo lasciarle ad altri. Raggiunto il pareggio con Palacio (attaccante nerazzurro più prolifico in questa stagione con 13 gol all'attivo tra Serie A, EL e Coppa Italia), l’Inter ha commesso l’errore di schiacciarsi un po’ troppo dietro, concedendo campo agli avversari e rischiando non poco in un paio di occasioni: i miracoli di Handanovic e una prestazione difensiva super positiva salvano l’intera barca, tenendola completamente a galla. Dietro, in particolare, Juan Jesus su tutti è davvero strepitoso. Tra lui da una parte e Marquinhos dall’altra (rispettivamente classe ’91 e ’94), in Brasile possono iniziare a stappare, con tutti gli scongiuri del caso, una buona bottiglia di spumante.

I nerazzurri si accontentano così del pareggio, e di un punto che per lo meno li tiene aggrappati alla zona Champions, considerando anche i passi falsi di Lazio e Napoli. Con tutte le assenze e le defezioni con le quali erano sbarcati a Roma, molti li davano già per spacciati, con possibilità quasi nulle di uscire imbattuti dall’Olimpico. Si può considerare dunque un buon punto. Adesso però è arrivato il vero momento della svolta per la società interista: Sneijder è ufficialmente partito, quindi ora urge subito rimediare, per ripartire e seguire la linea del nuovo progetto avviato in estate: servono innesti mirati e necessari, soprattutto in un centrocampo poverissimo di qualità. Serve almeno un piede buono, che sappia dare ritmo, geometrie e fantasia. Manca la regia a questa squadra, sin dai tempi di Thiago Motta, ultimo vero giocatore con caratteristiche simili.

Ora la squadra si fermerà a Roma per i prossimi tre giorni, allenandosi al Flaminio. Tra amatriciane, code alla vaccinara e trippe alla romana, c’è da preparare la semifinale d’andata di Coppa Italia (ritorno previsto per il 17 aprile), ancora contro i giallorossi. Attendiamo, dunque, l’atto secondo..

Dario Di Noi
@DarDinoRio on Twitter

ELVEDA SNEIJDER, GODITI ISTANBUL!


UN ALTRO TOP PLAYER DICE ADDIO ALL'ITALIA TRA RAMMARICHI ED INCOMPRENSIONI

E' ufficiale, un altro pilastro del triplete lascia l'Inter tra rammarichi, intrighi e incomprensioni.
Sneijder sceglie di trasferirsi in Turchia, in un campionato in cui negli ultimi anni vari giocatori importanti hanno deciso di chiudere la carriera, ma che non ospita fuoriclasse nel pieno della maturità calcistica.
Il calciatore olandese ha scelto di continuare a percepire uno stipendio altissimo a discapito della carriera; certo poche persone si sarebbero dimezzate lo stipendio, ma probabilmente lo stesso giocatore si aspettava di avere offerte da club importanti che partecipano a campionati di primissimo livello. Così non è stato, non sono pervenute alla società nerazzurra offerte per la sua ex-bandiera da parte di top club, che in un periodo di crisi generale non se la sono sentita di investire su un giocatore che nell'ultimo anno e mezzo, di rado è sceso in campo con una certa costanza.
La tifoseria, gli amanti del calcio e gli addetti ai lavori hanno pareri contrastanti su come sia stata gestita la questione, di chi sia la “colpa” e di chi la “ragione”; sicuramente sono stati fatti errori evitabili da entrambe le parti.
La società ha condotto in modo sbagliato anche questa situazione, come già avvenuto con altre bandiera degli ultimi anni quali Julio Cesar, Pandev e Lucio, mettendo inutilmente con le spalle al muro un giocatore che avrebbe potuto fruttare introiti maggiori nelle sempre più risicate casse societarie.
Di contro Sneijder non ha fatto altro che creare polemiche attraverso le interviste e i social network, arrivando al punto di veder costretta l'Inter a negargli l'uso di Twitter.  Nonostante ciò le sue opinioni sono comunque venute fuori tramite il profilo di Yolanthe Cabau, sua moglie: certamente un comportamento poco professionale.
Nessuno può prevedere se la scelta delle due parti di dirsi addio gioverà a qualcuna di esse, vero è che la società nerazzura non poteva più permettersi di avere in rosa un giocatore con uno stipendio così elevato, che escludendo l'anno del triplete ,non ha meritato di avere,a causa di svariati infortuni e scarso impegno in certi frangenti.

Gli agenti del giocatore hanno provato fino all'ultimo a spillare una buonuscita dalle casse del presidente Massimo Moratti, che però non ha ceduto alle loro richieste.
Nella giornata di domenica è trapelata l'indiscrezione che l'olandese piuttosto di non trasferirsi in Turchia abbia chiesto di rimanere nel capoluogo lombardo e di spalmare l'ingaggio come gli era stato richiesto, ma come ogni persona passionale tradita e ferita nell'orgoglio dal suo amore, il patron nerazzurro pare abbia rifiutato seccamente.
Dopo certe azioni non si può tornare indietro, non sarebbe stato giusto,; gli amori vissuti così intensamente, una volta che subiscono una scossa così forte, non possono più tornare come prima, è meglio lasciarsi nel miglior modo possibile.
Per questo Wes ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime il suo amore per l'Inter, per Milano e soprattutto per  i tifosi interisti che lo hanno amato fin dal primo siluro scagliato verso la porta avversaria al suo esordio nel derby contro il Milan, (a cui ha strizzato l'occhio più volte) e che si aspettavano un po' di riconoscenza in più.
Il suo ormai ex-allenatore, Andrea Stramaccioni, nel post partita di Roma-Inter ha mostrato tutto il suo rammarico per la partenza del giocatore a cui avevo dato in mano le chiavi del gioco e su cui non ha praticamente mai potuto fare affidamento, ma ha fatto anche capire che la situazione era diventata ingestibile e quindi non c'era altra soluzione.
Il numero dieci olandese non troverà una situazione idilliaca ad attenderlo, perchè i suoi continui balbettamenti sulla decisione di trasferirsi a Instanbul non hanno fatto piacere a molti dirigenti giallorossi ed in particolar modo al suo futuro allenatore Fatih Terim, situazione analoga al suo trasferimento dal Real Madrid all'Inter e tutti hanno visto come è andata a finire.
La telenovela Sneijder è giunta al termine, la speranza è che il giocatore conservi la sincerità che lo ha quasi sempre accompagnato e non rilasci dichiarazioni banali come:”Ho scelto il Galatasaray perchè è un top club che partecipa alla champions league”.
I suoi infortuni, i suoi cinguettii e le sue punizioni voleranno in un altro campionato impoverendo una serie A che perde talenti ogni sessione di mercato e il suo addio non ha il sapore di un arrivederci.
Elveda Wes, appunto, Addio Wes!

Giammarco Bellotti
@Giambellotti


EDITORIALE: E’ UN MILAN “PAZZO” PER IL ROSSOBLU, BOLOGNA BATTUTO 2-1

I ROSSONERI SUPERANO DIAMANTI E COMPAGNI GRAZIE A UNA DOPPIETTA DI PAZZINI, VERA E PROPRIA BESTIA NERA IN QUESTA STAGIONE DELLA SQUADRA DI PIOLI

5 gol in 2 partite. Destino o no, è questo il bottino stagionale raccolto da Giampaolo Pazzini nei match giocati contro il Bologna, vittima preferita del serial killer con la maglia numero 11 rossonera.

La giornata, a dire il vero, non sembrava essere delle più favorevoli per l’ex attaccante di Atalanta, Fiorentina, Samp e Inter: troppi appoggi sbagliati e spesso in ritardo sui palloni recapitatigli dai compagni. Il secondo tempo però ha raccontato un’altra storia: dopo una colossale occasione sprecata, due gol (il secondo un capolavoro) che hanno deciso il match e doppia cifra centrata in classifica cannonieri. Chissà che Pazzini non si sia ricordato di quella sua prima partita da titolare in maglia rossonera, giocata proprio a Bologna l’1 settembre scorso e vinta dal Milan grazie ad una tripletta realizzata dal bomber di Pescia.

Discorso “Pazzo” a parte, il Milan visto ieri a San Siro è parso in crescita rispetto alle due ultime prestazioni offerte contro Siena e Sampdoria. La squadra di Allegri ha preso in mano il match da subito, non concedendo nulla e creando buone chance con Pazzini e con il solito El Shaarawy, a secco da 4 partite ma sempre autore di ottime prestazioni (match di Marassi a parte). Un Milan capace, finalmente, di incidere sugli esterni: Constant, migliore in campo, è stato sorprendentemente strepitoso mentre Abate, dopo un primo tempo insufficiente che ha richiamato alla mente di molti tifosi la mancata (e onerosa) cessione allo Zenit, ha disputato una buona ripresa, proponendosi con continuità sul fondo. Ha stupito ancora Mbaye Niang, che con El Shaarawy forma il pacchetto “Italo” andata-ritorno a destra e sinistra senza sosta, aggiungendo pericolosità in situazioni di uno contro uno: citofonare Cherubin e Garics per testimoniare le difficoltà in fase di chiusura per i due laterali bolognesi.


Il centrocampo ha convinto parzialmente: bene Montolivo, non altrettanto il redivivo Flamini e Boateng, troppo altalenanti nell’arco dei 90’. Il francese ha sbagliato troppi appoggi, mentre Prince si è visto pochissimo, cross per il 2-0 di Pazzini (o meglio, per il 2-0 inventato dal Pazzo) a parte. In fase difensiva Zapata ha giocato una partita senza grosse sbavature, confermando la ottima prestazione di Genova e approfittando della non giornata di grazia per Gilardino e soprattutto Diamanti, mentre un discorso a parte va fatto per Mexès: l’ex Roma alterna momenti di grande sicurezza a spezzoni di match da Shining, come i 10’ finali del match di ieri conditi da autorete e disimpegni da brividi.

Tra mille difficoltà, passo dopo passo, il Milan sta provando a risalire la china. Il momento no di Roma e Fiorentina ha permesso alla squadra di Allegri di scavalcare la Roma e portarsi a -2 dalla Viola. Il terzo posto, ora come ora, resta un miraggio: 9 punti di ritardo da Lazio e Napoli sono tanti. Per provare ad avvicinarsi sempre più all’Europa che conta, domenica prossima i rossoneri affronteranno un’Atalanta ferita, senza vittorie dall’8 dicembre (2-1 al Parma): con i giusti rinforzi e la giusta mentalità, niente è impossibile. Kakà è un obiettivo ormai dichiarato, Balotelli piace e tenta Galliani, ma l’impressione è che questa squadra necessiti di maggiori rinforzi in difesa e a centrocampo: nella notte in cui un vecchio pallino della dirigenza rossonera come Yanga-Mbiwa si accasa al Newcastle, i tifosi rossoneri si augurano che Galliani sogni poco e concretizzi tanto. Comprare e vincere: la ricetta per non diventare pazzi. Come lo è diventato il Bologna, in questa stagione, quando ha incrociato il numero 11 rossonero…

Simone Nobilini
(@SimoNobilini on Twitter)

domenica 20 gennaio 2013

IN THE BOX: ADAM LE FONDRE, IL RAGAZZO DEL GOL ALL'ESORDIO

L'ATTACCANTE DEL READING HA STESO IL NEWCASTLE CON UNA DOPPIETTA

Occhi puntati su Adam Le Fondre, che con una doppietta ha steso il Newcastle e permesso al suo Reading di portarsi a un solo punto da quel 17° posto che vorrebbe dire salvezza. Il centravanti inglese, 26 anni compiuti da poco, è uno di quei pochi giocatori per cui tutti fanno il tifo: ha fatto la gavetta nelle serie minori, ha dovuto lottare contro i pregiudizi di chi lo ritiene troppo basso per fare la punta (è alto 178 cm) e contro allenatori che non sapevano collocarlo tatticamente, ma finalmente è arrivato all’appuntamento col grande calcio e si sta facendo trovare pronto.
Cresciuto nelle giovanili dello Stockport County, periferia sud di Manchester, ha esordito in prima squadra nel 2004 a 18 anni, trovando subito il gol in una vittoria per 3-1 contro il Bury. Nella sua prima stagione in League One (l’equivalente della nostra Lega Pro 1° divisione) il rapido centravanti ha messo a segno 4 gol in 20 partite, riuscendo a trovare anche 11 maglie da titolare. La squadra retrocede in League Two, ma per Adam è l’occasione buona: scendendo di una categoria può farsi le ossa e pensa di avere il posto fisso nei primi undici. In realtà le cose non sempre andranno per il verso giusto, e anche se gioca con continuità, non sempre sente la fiducia dell’allenatore che lo fa partire dalla panchina in 16 delle 20 apparizioni. Troverà il fondo della rete sette volte quell’anno.

Nel 2005-06 disputa la prima metà di stagione con lo Stockport e poi viene ceduto in prestito al Rochdale, anch’esso militante in League Two. All’esordio con la nuova maglia segna subito una doppietta e a fine anno i gol saranno 12. Adam Le Fondre inizia a diventare un fattore determinante a questi livelli: 15 gol nel 2008, 17 gol nel 2009 e una serie di trofei come Player of the Year secondo molti giornali.
Arriva il momento di fare un salto e provare a giocare in un club ambizioso: il Rotherham punta a salire di categoria e lo sceglie come attaccante di riferimento. Per Adam è dura lasciare la squadra che ha scommesso su di lui e in cui si trova benissimo, ma capisce che è un treno da non perdere.
Anche con la nuova maglia trova il gol all’esordio e non sarà certo l’ultimo. Con 27 reti trascina i suoi compagni fino alla finale dei playoff, senza però riuscire a vincerla. Il Derby County e il Leicester si fanno vivi in estate, ma Le Fondre sceglie di restare a Rotherham. Un’altra stagione da assoluto protagonista attende il centravanti, che con altri 23 gol mantiene la sua squadra sempre in lotta per le prime posizioni, senza tuttavia centrare la promozione.
A fine estate arriva il trasferimento al Reading, una squadra di Championship (la nostra Serie B), che propone al centravanti un doppio salto in alto di categoria. Adam accetta e fa’ i bagagli. La stagione dei Royals sarà memorabile e culminerà con la promozione in Premier League. Le Fondre realizzerà 12 gol e partirà titolare 16 volte (31 presenze totali): una buona iniezione di fiducia per un giocatore che viene dal basso.
La dirigenza si fida di lui, così come l’allenatore Brian McDermott, che lo vede titolare: la fiducia sarà subito ripagata con un gol all’esordio in Premier League (1-1 contro lo Stoke). Purtroppo però seguirà un periodo di digiuno abbastanza lungo, a cui si abbineranno anche numerose panchine. Il Reading nel frattempo naviga in cattive acque, ma sarà proprio Le Fondre a dare la scossa alla stagione: tornato titolare contro l’Everton, l’attaccante realizza la doppietta che vale il primo successo dopo 7 gare senza vittoria. Da lì in poi arriveranno altri 5 gol in 10 partite, compresi i due di sabato, che permettono ai Royals di guardare con ottimismo ai prossimi incontri.

Rapido di piedi, bravo nel dribbling stretto, col fiuto del gol sulle palle vaganti, Le Fondre è un centravanti completo, capace di vedere la porta da ogni posizione e segnare di prima anche con parabole fantasiose. Nonostante l’altezza lo penalizz,i non è da sottovalutare come colpitore di testa. Ma soprattutto è un attaccante che sa mettersi al servizio della squadra, sia nella costruzione di gioco, che nell’atteggiamento in campo e fuori (mai una polemica per le esclusioni o per le panchine). Per un attaccante che è sempre in cerca di nuovi stimoli e di miglioramenti, le zone basse della Premier League potrebbero essere soltanto un nuovo punto di partenza.


Valerio Brutti

JUVE: NEL GIORNO PIU' SPLENDENTE, NELLA NOTTE PIU' PROFONDA, CI PENSA POGBA!

UN FRANCESE IN FORMATO SUPER-EROE PRENDE A PALLONATE L'UDINESE. LA JUVE TORNA A + 5

"Nel giorno più splendente, nella notte più profonda..". No , per battere l'Udinese, la Juve non si è affidata a Lanterna Verde, ma a uno che, a giudicare dai due tiri che hanno aperto e chiuso la partita di sta sera, i superpoteri sembra averli nei piedi: Paul Pogba.
Quando in estate, non conoscedo il giovane francese, chiesi ad un mio collaboratore che tipo di giocatore fosse, lui mi rispose: Mah, è uno che tira da 30 metri e segna!"..Ecco a cosa si riferiva!

Nella sera in cui mezza squadra titolare, causa problemi fisici, la partita la guardava dalla tribuna, la Juve si comporta da Juve e fa sembrare tutto facile. Aggressione alta e recupero palla immediato. Manca solo una cosa (come al solito): il gol. Poi però ci pensa Paul pièveloce Pogba, che con il suo anello verde, pardòn con il suo destro, scaraventa da 32 metri una bordata che bacia la traversa prima di gonfiare la rete.
Il piccolo francesino si sta conquistando a suon di prestazioni uno spazio sempre maggiore, tanto da far sembrare meno amara una possibile partenza di Vidal a fine stagione.
Conte sta facedo fare al "Polpo Paul" un pò d tuttto, con ottimi risultati praticamente sempre. Migliore in campo a Parma, protagonista assoluto con i Friulani, senza dimenticare il gol partita nella gara casalinga col Bologna ad ottobre.
Molto bene anche Giaccherini, che non ha fatto rimpiangere l'assenza di Marchisio in entrambe le fasi. L'ex Cesena ha dimostrato la sua sempreverde capacità di inserimento tra le linee, che spesso favorisce la superiorità numerica ai suoi.
Bene anche Caceres, che dopo la prestazione incerta di Parma, è apparso più sicuro e dinamico, bravo a far ripartire velocemente l'azione ed ad aiutare De Ceglie nelle chiusure su Basta.

Insomma troppe poche due partite per parlare di crisi bianconera. A giudicare da come si sono comportate le cosiddette seconde linee di Conte, anche il tanto ricercato attaccante può aspettare fino a giugno, anche perchè nel giorno più splendente, nella notte più profonda, ci pensa Pogba!

Davide Bernardi
@DavideBrnardi6

sabato 19 gennaio 2013

TIKI-TAKA: VALDES SORPRENDE IL BARCELLONA, NON RINNOVA!

IL PORTIERE DEGLI ULTIMI TRIONFI BLAUGRANA HA DECISO DI LASCIARE LA CASA MADRE COSTRINGENDO LA DIRIGENZA A CERCARE UN SOSTITUTO PER GIUGNO

Anche nelle migliori famiglie ci sono problemi. E’ il caso del Barcellona che si trova improvvisamente a gestire, nel bel mezzo di una stagione perfetta, la grana Valdes. Il portiere catalano, oramai una vera e propria bandiera azulgrana, ha infatti deciso di non rinnovare il contratto in scadenza nel giugno del 2014.

Una vero fulmine a ciel sereno per la squadra di Vilanova, che ha causato non poco imbarazzo a tutto l’ambiente catalano. Nessuno infatti si aspettava né sperava una decisione del genere. La dirigenza ha provato in tutti i modi per convincere Valdes a vestire rossoblu fino al 2018 ma l’agente Gines Carvajal e il padre Josè Manuel sono stati irremovibili: il giocatore vuole andarsene. Ma la cosa che più ha infastidito Rossel e soci è l’annuncio fatto a mezzo stampa, poco dopo l’incontro tra le due parti, da parte di Carvajal, in cui l’agente del numero uno annunciava al mondo la volontà di non proseguire l’esperienza in Catalunya. Il rinnovo pareva una mera formalità e nessuno si sarebbe mai aspettato problemi ma il comunicato stampa è una vera e propria sentenza che non lascia spazio ai ripensamenti.

Nonostante Valdes rimanga fino a giugno l’estremo difensore della squadra, il Barcellona si sta già guardando intorno per rimpiazzarlo e in queste ore si sono subito fatti alcuni nomi. Il più caldo sembra  quello dello spagnolo David De Gea attualmente alla corte di Alex Ferguson. Anche se sarà difficile strappare il giovane portiere al Manchester United, l’ex Atletico Madrid sarebbe il più adatto per il gioco dei catalani: agile nelle uscite malgrado sia alto 1,92m e abile con i piedi, caratteristica imprescindibile per un estremo difensore culè. Altri nomi sono quelli di Vincent Guaita del Valencia e Andrès Fernandez del Osasuna ma il sogno dei tifosi e della dirigenza è Manuel Neuer del Bayern Monaco. Tuttavia il portiere tedesco è destinato a rimanere tale. Oltre alla difficoltà di convincere la dirigenza bavarese a vendere uno dei tre migliori al mondo nel ruolo nessuno si sognerebbe mai di fare uno sgarbo a Pep Guardiola, il futuro allenatore di Neuer.

Nicolò Smerilli
@NiSmerilli on Twitter

ABETE-BERETTA RIELETTI: LA VENTATA DI RINNOVAMENTO NON SOFFIA GIA' PIU'

ABETE IN FEDERCALCIO, BERETTA IN LEGA. NON E' CAMBIATO NULLA

Dopo gli scandali e i problemi che il calcio italiano ha dovuto affrontare negli ultimi anni si era diffusa un'idea di cambiamento e di rinnovamento negli organi politici di questo sport.
In queste ultime settimane sarebbe stato possibile dare uno scossone ai vertici della “FIGC” e della “Lega calcio”, i due organi più importanti, tramite le elezioni dei rispettivi presidenti. Non è stato così.

Il 14 gennaio è stato rieletto alla guida della "Federcalcio" Giancarlo Abete, con addirittura il 94,34% dei voti, essendo l'unico candidato in corsa e il suo mandato terminerà nel 2017.
Gli aventi diritto al voto presenti al Park Hotel di Roma erano 288, di cui 256 hanno espresso il loro parere favorevole per il presidente uscente.
“Abete è la continuità nell'ottica del cambiamento” ha commentato Claudio Lotito.
L'unica novità si chiama Simone Perrotta, giocatore in attività della Roma, che entra in FIGC con un ruolo di mediazione tra le istituzioni e il calcio giocato.
Ieri, 18 gennaio, è stato poi confermato presidente della “Lega calcio” Maurizio Beretta, raggiungendo i 14 voti che rappresentavano il quorum.
Per arrivare a questa decisione sono stati necessari ben 6 scrutini, insomma una decisione che non accontenta tutti e che troverà con molta probabilità svariati ostacoli sulla propria strada.
I voti contrari sono arrivati dai rappresentanti di Inter, Juventus e Roma che però non sono riuscite a convincere anche gli altri aventi diritto al voto.
Non a caso queste tre big sono rimaste fuori dalla spartizione dei posti nel consiglio federale e nel consiglio della lega.

Beretta si è detto entusiasta per il ritorno di Adriano Galliani, Direttore sportivo del Milan, in Lega: "E' un segnale formidabile il ritorno di Galliani in Lega. Oggi ha prevalso la necessità di arrivare con un assetto perfezionato all' insediamento del Consiglio Federale, per non ripetere l'esperienza dello scorso quadriennio, quando non eravamo arrivati in tempo. Il lavoro che si vuole fare sarà nell'interesse di tutte e 20 le squadre, non solo di quelle che ci hanno votato.Tutti avremmo auspicato un'elezione all'unanimità in uno o l'altro verso, ma non è stato possibile.
Contrariato per il risultato dell'elezione invece, il presidente della Juventus, Andrea Agnelli: "Una buona notizia, la lega si è data un governo. Che allo stesso tempo è cattiva perchè rappresenta solo il 30% delle squadre. Critiche sono arrivate anche da AngeloMario Moratti, rappresentante dell'Inter: "Si è deciso di sposare ancora la vecchia mentalità. Con la conferma di Beretta noi ci auguriamo che si facciano le riforme che devono essere fatte. Stiamo lì e aspettiamo.
Beretta ha poi trovato un posto in Lega per la maggior parte dei suoi elettori. Queste le cariche: Galliani (Milan) vice-presidente. Lotito (Lazio) e Pulvirenti (Catania) consiglieri federali. Cairo (Torino), Cellino (Cagliari), Ghirardi (Parma), Guaraldi (Bologna), Percassi (Atalanta), De Laurentiis (Napoli), Pozzi (Udinese), Lo Monaco (Palermo), Preziosi (Genoa) consiglieri di Lega.

Si dice che il calcio sia lo specchio della società; affermazione che trova conferma nelle concomitanti elezioni dello Stato Italiano, da una parte e dall'altra infatti, la tanto sperata ventata di rinnovamento, sembra non soffiare già più.

Giammarco Bellotti
@Giambellotti on Twitter

KAKA-MILAN, LA LEGGE BECKHAM OSTACOLA LA TRATTATIVA

IL REAL RIFIUTA IL PRESTITO DI SEI MESI PER NON PAGARE IL 20% DI TASSE IN PIU'

E' la trattativa che sta infiammando questa sessione di mercato. Negli ultimi giorni si è infatti profilato un possibile ritorno di Kakà al Milan. La situazione è però molto molto complicata e Galliani sta lavorando giorno e notte per riportare il figliolprodigo brasiliano in rossonero.

Analizziamo il quadro generale, ipotizzando possibili soluzioni.
Kakà al Real Madrid percepisce un ingaggio assolutamente fuori dalla nuova politica di via Turati, 10 milioni di euro, che però il giocatore sarebbe disposto a ridursi ( il Milan preferirebbe dimezzarlo) "pur di tornare a casa".
Per evitare spese folli, anche considerando le imminenti elezioni, la società di Berlusconi vorrebbe prendere in prestito Kakà.
Qui nascono i problemi, che si legano alla situazione fiscale spagnola. Quando infatti, il fuoriclasse brasiliano arrivò ai blancos, in terra iberica vigeva ancora la cosiddetta legge Beckham; un decreto che prevedeva un agevolamento nell'aliquota fiscale (24% invece che 43%) per gli immigrati che percepivano introiti superiori ai 600 mila euro.
Tale decreto legge inoltre, prevedeva che per i primi 5 anni di permanenza in Spagna, nel caso in cui un giocatore straniero fosse andato in prestito all'estero per poi tornare entro la fine dell'anno, la squadra proprietaria del cartellino non avrebbe potuto godere dell'agevolazione fiscale.
Per questo motivo nel caso in cui Kakà dovesse venire in prestito per soli sei mesi, a fine anno peserebbe ancora sul bilancio Madridista, che si troverebbe costretto a pagare il 20% di tasse in più.
Per aggirare questi ostracoli, Galliani sta trattando con la società spagnola per un prestito di un anno e mezzo, in modo da far cadere i limiti della legge.

L'impressione è che la trattativa si risolverà positivamente solo se ci sarà la volontà di tutte le parti. Kakà è già pronto ad assaporare il gusto della casa dolce casa rossonera, ma si sa, pecunia non olet!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6

martedì 15 gennaio 2013

TIKI-TAKA: IL MADRID SI FERMA ANCORA, IL BARCELLONA E' DA RECORD



I CATALANI VINCONO ANCHE A MALAGA E CHIUDONO UN GIRONE QUASI PERFETTO, IL MADRID VIENE BLOCCATO DALL'OSASUNA FANALINO DI CODA E SCENDONO A MENO 18 DALLA VETTA

E’ un Barcellona inarrestabile quello di Tito Villanova (e di Jordi Roura). Chiuso il girone di andata con 18 vittorie ed un solo pareggio, maturato nel Clasico di inizio ottobre, per un totale incredibile di 55 punti, la ventiduesima Liga sembra ormai in bacheca. Sono undici le lunghezze che dividono i catalani dai colchoneros di Madrid e addirittura diciotto dagli acerrimi rivali blancos di Jose Mourinho e, considerando il ritmo che sta mantenendo la squadra di Messi, niente fa pensare ad una possibile rimonta di una delle due squadre della capitale.

Proprio l’argentino, fresco del quarto pallone d’oro consecutivo, mette la firma nel 3-1 di Malaga ma soprattutto segna per la nona partita consecutiva avvicinandosi così al record di Ronaldo (quello vero..) che nella stagione 96/97 arrivò a dieci giornate consecutive in gol. L’ultima volta che Messi non è apparso nel tabellino dei marcatori risale a più di due mesi fa, il 3 novembre scorso, nella vittoria contro il Celta firmata da Adriano, Villa e Jordi Alba.

Non tira invece una bella aria a Valdebebas dove Josè Mourinho perde ogni giorno di più consensi sia tra la stampa “amica” sia tra i tifosi. Il pareggio con l’Osasuna e l’espulsione di Kakà per doppia ammonizione dopo soli 22 minuti sono l’esempio perfetto di come il Madrid sia in crisi, ma soprattutto non assomigli al tritatutto dello scorso anno. Oltre ai dodici punti in più, nella stagione passata, dopo 19 giornate, le merengues erano riuscite a segnare per ben 67 volte rispetto alle “misere” 45 di questa temporada. Vedendo i numeri dei suoi attaccanti si capisce meglio: CR7 vantava infatti  23 marcature contro 16 attuali, mentre Higuain e Benzema si fermavano rispettivamente a 14 e 10 reti, per entrambi il doppio  rispetto ai gol realizzati fino ad ora.

Intanto dopo la sconfitta di Valencia il Siviglia decide di esonerare il tecnico Michel sostituendolo con Unay Emery, ex giocatore proprio degli andalusi, il quale ha firmato un contratto che lo legherà ai biancorossi fino al giugno 2014.

Nicolò Smerilli
@NiSmerilli