Idee fresche. Idee nuove.

Idee fresche. Idee nuove.
Ciao a tutti siamo Davide Bernardi & Nicolò Smerilli, due studenti della Università Cattolica di Milano. Abbiamo deciso di creare questo blog perchè il nostro sogno è quello di diventare giornalisti professionisti e quindi vorremmo farvi sentire le nostre idee. In questo "portale" noi non ci proponiamo di offrirvi novità o notizie che altri non hanno, ma come già detto, darvi la nostra opinione riguardo i maggiori eventi calcistici. Il titolo "DiscoveryFootball" nasce dall'idea di analizzare, proprio come fa il più famoso Discovery Channel, il mondo del pallone. Quindi se vi va di sentire delle voci "nuove" e "fresche", seguiteci! D.B & N.S

lunedì 29 aprile 2013

IN THE BOX: JORDAN HENDERSON, IL FUTURO DEL LIVERPOOL!

SENZA SUAREZ, L'EX SUNDERLAND DIVENTA PROTAGONISTA E TRASCINA I REDS AL 6-0 COL NEWCASTLE

La scorsa giornata ha visto la fragorosa affermazione del Liverpool in casa del Newcastle per 6-0. A rendere ancora più scintillante la prova dei Reds è l’assenza del centravanti di riferimento, quel Luis Suarez che è veramente l’incarnazione del detto “croce e delizia” per i tifosi di Anfield. Senza la punta uruguayana, a far sorridere i supporters Reds ci ha pensato Jordan Henderson, centrocampista del Liverpool classe ’90.

Cresciuto nelle giovanili del Sunderland, Henderson fa il suo debutto in prima squadra nel novembre 2008, in un'amara sconfitta per 5-0 contro il Chelsea. Pochi giorni dopo, Mister Roy Keane gli consegna la sua prima maglia da titolare per una gara di Carling Cup. A gennaio, di comune accordo con la dirigenza, scende di una categoria per giocare con continuità: nel Coventry gioca stabilmente e segna anche il suo primo gol da professionista. A metà aprile però si interrompe la sua stagione, a causa della frattura del quinto metatarso.
Esaurito il prestito, torna al Sunderland in estate, dove fa la preparazione in vista di un altro prestito, ma la sua maturità sorprende tutti e viene confermato con la prima squadra. Dotato di ottima tecnica ma anche di buona velocità, Henderson ricopre tutti i ruoli a centrocampo: regista, filtro davanti alla difesa e all’occorrenza anche l’esterno. Alla fine conterà 33 presenze in Premier League, di cui 28 da titolare, condite da 1 gol e 5 assist. Le convocazioni nelle nazionali giovanili ne certificano l’assoluto valore e il ragazzo diventa un prospetto a livello nazionale. 
Confermatissimo anche per la stagione 2010-11, Henderson sale ancora di livello. Partirà titolare in tutte e 38 le partite di Premier, anche per il suo comportamento in campo sempre corretto (solo 2 ammonizioni). Per un centrocampista centrale scusate se è poco. Henderson è il faro di quel sorprendente Sunderland: dimostra progressi sia tecnici che tattici migliorando in fase di realizzazione (3 gol) e in fase di copertura (13 “clean sheet” stagionali, ovvero tredici gare senza subire reti). Ormai è impossibile trattenerlo coi Black Cats.

Si scatena un’asta tra i migliori club di Premier League e alla fine l’offerta migliore è quella del Liverpool che con 16 milioni di sterline si porta a casa il promettente centrocampista.
Chiaramente ad Anfield trova davanti a sé un monarca del ruolo: Steven Gerrard. Inoltre la società ha anche acquistato un altro centrocampista centrale, Charlie Adam, più esperto di Henderson. Tuttavia Mister Kenny Daglish, nella sua controversa gestione della stagione, vede in Henderson un mix di incursione e regia di sicuro affidamento. La piazza esigente non spaventa il ragazzo, che mostra ciò di cui è capace: le aperture e i cambi di gioco, la generosità e i recuperi di palla, l’altruismo e la voglia di lottare su ogni pallone. E’ il salto di qualità definitivo. Una delle caratteristiche che lo rende diverso da tutti è la capacità di servire la profondità direttamente da una palla riconquistata e che ne fornisce l’esatta cifra tecnica: è un passaggio avanti agli altri. E’ uno dei pochi a non naufragare nella complicata stagione dei Reds, che li vede estromessi ben presto dalla lotta per il titolo e che conquistano un piazzamento europeo soltanto grazie all’affermazione nella Carling Cup. Gli infortuni della rosa complicano il lavoro di Daglish, ma risparmiano Henderson che riesce a giocare con continuità (37 presenze totali, 33 da titolare).

Il cambio di allenatore per la stagione 2012-13 non cambia di molto il rendimento altalenante del Liverpool, che però decide di puntare forte su Henderson e cede il “concorrente” Charlie Adam allo Stoke City. Il nuovo tecnico Brendan Rodgers impiega qualche mese a convincersi delle qualità di Henderson, ma da novembre inizia a dargli spazio, finchè il ragazzo non si prende da solo la scena a gennaio, nella partita contro l’Arsenal in cui segna e fa un assist per il 2-2 conclusivo. Da lì in poi arriva la continuità di impiego e di rendimento. Fino alla definitiva consacrazione di sabato: due gol e un assist contro il Newcastle, che un  per ex-Sunderland è un derby. Segna in contropiede (su assist di Sturridge) il gol del 2-0. Esemplificativo delle sue caratteristiche è il gol del 4-0: avanti di tre gol, si fa trenta metri di scatto per recuperare un pallone a metà campo, lo smista a Gerrard e attacca la profondità, riceve palla e la mette in mezzo a Sturridge che a porta vuota insacca. E poi è di nuovo Henderson a mettere l’ultima firma sulla partita, con il calcio di punizione dalla sinistra che non viene toccato da nessuno e finisce in rete per il 6-0. Il capitano Steven Gerrard non ha certo intenzione di lasciare il calcio a breve, ma anche per il futuro il centrocampo del Liverpool sembra in buone mani.

Valerio Brutti

LOTTA SALVEZZA: PALERMO E GENOA OK, MA DOPO IL DERBY RISCHIANO ANCHE I GRANATA!


A QUATTRO GIORNATE DAL TERMINE LA LOTTA SALVEZZA COINVOLGE BEN QUATTRO SQUADRE, CON IL SOLO PESCARA ORAMAI RASSEGNATO

Vincono Palermo e Genoa, tonfo del Siena in casa della Roma e la sconfitta dei Granata nel derby della Mole, sembra aver consegnato a questo “reality show” un altro partecipante.

A 4 giornate dal termine di questa stagione, ecco come si presenta la classifica in ottica salvezza: Torino 36, Palermo e Genoa 32, Siena 30. Ormai il Pescara, fermo a quota 22, attende che anche la matematica esprima il suo verdetto, come già il campo ha fatto.
Chiedersi il perché dell'inserimento del Torino è presto spiegato: nelle ultime 5 giornate, i Granata hanno guadagnato soltanto un misero punto nel 2 a 2 contro il Bologna, dilapidando un vantaggio di ben 9 punti sulla terz'ultima. Logico, quindi, che gli uomini di Ventura inizino seriamente a preoccuparsi.

Con i 3 punti conquistati ieri grazie alla vittoria sull'Inter per 1 a 0, finisse oggi il Campionato il Palermo sarebbe clamorosamente salvo. Forse definire clamorosa la salvezza di una squadra che, stando sempre agli ultimi 5 turni, ha totalizzato 11 dei 15 punti a disposizione, sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti del lavoro svolto durante il Sannino-bis. Purtroppo per i rosanero però, mancano altre 4 giornate al termine, quanto basta per stravolgere nuovamente il fondo della classifica.

Veniamo al Genoa. E' incredibile come una rosa del genere, si possa trovare invischiata nella lotta per non retrocedere. Il fatto comunque di non aver elementi abituati a giocare per questo obiettivo, potrebbe davvero essere uno svantaggio per il Grifone.
 Subito dopo c'è il Siena, travolto 4 a 0 dalla Roma, che sembra aver esaurito le forze impiegate per compiere la rimonta all'ultimo posto disponibile per salvarsi.

Riuscire a fare un pronostico su chi la spunterà è quanto mai problematico. Se davvero il Torino finisse col farsi risucchiare dal fondo della classifica, i posti disponibili sarebbero due anziché uno solo. Questo si che renderebbe il finale di Campionato ancora più avvincente.

Ugo Mega
@Superughish (on Twitter)

IL MILAN HA UNA VOGLIA DI CHAMPIONS DA “PAZZO”: CATANIA PIEGATO 4-2

I ROSSONERI VANNO IN SVANTAGGIO DUE VOLTE PER POI RECUPERARE E VINCERE UN MATCH FONDAMENTALE IN CHIAVE TERZO POSTO. DECISIVO L’INGRESSO DI PAZZINI, AUTORE DI UNA DOPPIETTA

Andava a 100 all’ora per trovar la bimba sua. E parliamo sempre di qualificazione Champions, ovviamente. Si è presentato così dal primo minuto il Milan visto ieri sera a San Siro contro il Catania: partenza a razzo, costante presenza nella metacampo rossazzurra e quantità enorme di palle gol create, sprecate o neutralizzate dalla Muraglia Catanese (per l’occasione, degna del paragone con quella cinese) e da un Frison (al debutto a San Siro) che per un’ora abbondante ha deciso di volere tutti i riflettori puntati su di lui.

Andava sì a 100 all’ora, il Milan. Ma ha anche rischiato di schiantarsi in due occasioni, trasformate in gol da Legrottaglie e Bergessio e, sostanzialmente, le uniche due chance create da un Catania tanto cinico quanto efficace nel difendersi il più possibile dagli attacchi rossoneri.

Incredulità, sconforto, preoccupazione. La palla, fino al liberatorio gol del pareggio di Flamini, sembrava non volesse davvero saperne di entrare. La più classica delle partite da Dura legge del gol: “Fai un gran bel gioco però, se non hai difesa, gli altri segnano”. Sembrava troppo utopistico poter dimenticare tutti i gol subiti dai rossoneri su palla inattiva, in effetti: e Legrottaglie, memore della rete siglata all’andata, decide di rispolverare il revival in occasione della gara di ritorno, facendo salire il numero delle reti subite da calcio piazzato a quota 14.

Statistiche e dati negativi a parte, ci ha pensato Giampaolo Pazzini a risolvere una situazione tutt’altro che semplice. Entrato al posto di uno spento e sempre più irriconoscibile Nocerino, in 3 minuti ha ribaltato una partita che rischiava di allontanare sempre più i rossoneri dal 3° posto momentaneamente occupato dalla Fiorentina. Unione perfetta tra senso del gol e professionismo: il Pazzo è stato capace di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto, come spesso è accaduto quest’anno, arrivando a quota 15 gol in campionato. Non male per uno che era abituato a scaldare la panchina sull’altra sponda del Naviglio nella passata stagione…

Difficile giudicare negativamente la prestazione della squadra di Allegri. Il rischio di perdere punti, causato dall’impreciso piazzamento difensivo in occasione delle due reti, è stato più che concreto; ma è altrettanto giusto sottolineare come i rossoneri siano stati sfortunati in più di un’occasione, tra batti e ribatti e traverse colpite, prima di girare la partita a loro favore con merito.


Qualche considerazione sparsa: due parole su Nocerino, Abate ed El Shaarawy valgono la pena di essere spese. Sul primo, come già detto, pesa l’incredibile involuzione rispetto all’annata precedente nella quale, influenza fondamentale di Ibrahimovic a parte, l’ex giocatore del Palermo aveva mostrato ben altra consistenza in campo. La minor grinta, l’impoverimento a livello tecnico e lo scarso utilizzo nell’arco della stagione sembrano poter allontanare il numero 8 dalla maglia rossonera in estate, viste soprattutto le ultime convincenti prestazioni di Mathieu Flamini (tra i migliori ieri) che potrebbero portare il francese al rinnovo in rossonero.


Capitolo Abate: tanto fumo e poco arrosto? Probabilmente sì. Fa spesso tutto bene, grandi percussioni e accelerazioni, ma al momento della rifinitura pecca sempre di precisione. E sbaglia valutazione sul posizionamento, come in occasione dell’errore commesso contro la Juve , al momento del gol del nuovo vantaggio catanese di Bergessio. Tanti tifosi milanisti rimpiangono i 12 mln offerti dallo Zenit e rifiutati dal Milan a Gennaio: davanti a una serie di prestazioni poco positive il rammarico sembra essere più che comprensibile.

E su Stephan El Shaarawy? Vorrei ripetermi per l’ennesima volta, a costo di diventare noioso. Che dire: da salvatore della patria sembra essere diventato un comprimario qualsiasi. Guai a pensarla così, tuttavia: il rendimento del Faraone sottoporta è calato terribilmente (appena 2 le reti siglate nel girone di ritorno) e anche contro il Catania il numero 92 si è dimostrato poco lucido davanti a Frison. Ma l’incredibile lavoro di sacrificio sulla fascia sinistra, con quei rientri tempestivi e sempre puntuali tanto amati e applauditi dal pubblico di San Siro, non va dimenticato. Così come i 16 gol stagionali realizzati, con i quali ha tenuto in piedi il Milan nel girone di andata. La squadra rossonera ha assolutamente bisogno di ritrovarlo anche in fase offensiva: attendendo la sua ripresa Allegri può comunque contare su un Balotelli in ottima forma e sempre pronto a timbrare il cartellino.

Superato un ostacolo più ostico del previsto chiamato Catania, il prossimo avversario si chiama Torino. I granata, reduci da 3 sconfitte consecutive e dalla sconfitta nel derby della Mole, rischiano ora di essere risucchiati nella lotta per non retrocedere. E arriveranno a San Siro con un obiettivo comune a quello rossonero: fare punti per consolidare le proprie posizioni in classifica.

Il primo livello con SuperMario è stato completato. Via al secondo e alla corrida, dunque: domenica prossima sapremo chi, tra il Milan matador e il Toro, l’avrà vinta.

Simone Nobilini
(@SimoNobilini on Twitter)

domenica 28 aprile 2013

EDITORIALE JUVE: IL CENTROCAMPO A 5+1 MATA IL TORO!

I BIANCONERI NON REGALANO NIENTE A NESSUNO: ANCHE IL TORO E' MATATO

Non fatevi ingannare dal risultato. La partita non è andata via liscia come potrebbe far pensare il 2-0.
Di certo però ci sono i numeri: allo Scudetto manca un solo punto, dodicesima vittoria in trasferta su diciassette e più in generale settima vittoria consecutiva.

Partendo dalla partita giocata, la tesi di fondo rimane la solita, almeno in fase offensiva, il nuovo modulo ancora non convince del tutto. Dopo la partita col Milan avevamo detto che Conte, in queste ultime partite avrebbe avuto la possibilità di continuare a sperimentare e che, vista la sua cultura del lavoro, inevitabilmente avremmo visto dei miglioramenti.
Effettivamente qualcosa rispetto alle due precedenti partite (Lazio e Milan) è migliorato. Se infatti con biancocelesti e rossoneri proprio il centrocampo era apparso non compattissimo, oggi i meccanismi sono sembrati molto più oliati e soprattutto lo scivolamento laterale di Pogba e Vidal, oggi invertiti, sono apparsi più fluidi e meglio seguiti dal resto del reparto.
Altro aspetto positivo è stato il pressing immediato alla linea arretrata dei granata; Vucinic e Marchisio hanno aggredito subito alti, andando a dare noia addirittura a Gillet.

Per quanto riguarda invece i particolari che ancora non funzionano, le osservazioni da fare riguardano ancora Vucinic, che ha dimostrato di non avere proprio le caratteristiche della prima punta. Al di là dei soliti appoggi e stop errati infatti, il montenegrino ha denunciato a livello tattico dei movimenti che non hanno certamente aiutato l'efficacia della manovra della squadra.
Riguardando la partita, ma basta anche gli highlights, si nota immediatamente come una volta allargata palla sulla fascia, il numero 9 bianconero si stacchi sempre qualche metro dietro, al limite dell'area, per ricevere nuovamente palla. Chiaramente, senza una prima punta in area che vada a prendere il cross di Lichtsteiner piuttosto che Asamoah, il solo Marchisio nell'immediatezza della porta non può bastare.

Facendo poi un quadro più generale, viste le sostituzioni di oggi (ma non solo) l'impressione è che questo modulo tattico Conte lo voglia riproporre a lungo anche la prossima stagione e le sue parole a fine partita certamente non mi smentiscono. Anzi: "E' una soluzione che a me è piaciuta molto e che ci permette di far coesistere i giocatori migliori".
Effettivamente rinunciare oggi ad uno dei quattro centrocampisti è impossibile. Vidal ha segnato gli ultimi 4 gol della Juve, ha una duttilità tattica che gli permette di essere un punto di riferimento per la squadra in entrambe le fasi e in qualsiasi momento della partita.

Stesso discorso vale per Pogba, oggi il francese è stato ancora una volta uno dei migliori in campo: quantità e qualità, il tutto rilegato con un laccetto d'eleganza che ci sta sempre bene.
Proprio a sottolineare l'importanza del Polpo numero 6, a fine partita il tecnico leccese ha dichiarato: "Da quando è arrivato, Pogba ha avuto una crescita esponenziale, tenerlo fuori ora mi crea dei problemi." Ancora una volta ha avuto ragione lui.

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

venerdì 26 aprile 2013

HANDANOVIC: OK, IL PREZZO E' GIUSTO!

IL BLAUGRANA HANNO INDIVIDUATO NEL PORTIERONE SLOVENO IL SOSTITUTO DEL PARTENTE VALDES, L'INTER POTREBBE CEDERLO PER FAR CASSA E RIFONDARE LA SQUADRA

E' uno dei pochi giocatori nerazzurri a salvarsi dopo una stagione alquanto interlocutoria per il club di Via Durini. Il Barça sembra essersi mosso presentando un offerta di circa 28 milioni, una cifra a dir poco elevata visti i quasi 29 anni del giocatore ed il suo ruolo di estremo difensore.

Qualche giorno fa, voci di corridoio, segnalavano il forte interesse del Barcellona nei confronti del portiere sloveno dell'Inter, Samir Handanovic. Un’offerta così importante farebbe vacillare chiunque visti i tempi di magra, soprattutto per il nostro calcio. In casa Inter smentiscono, linea seguita anche dall'agente del giocatore, l'Avvocato Federico Pastorello, che ribadisce la volontà del suo assistito di rimanere a Milano.

L'interesse della società catalana sembra però essere concreto e quanto meno giustificato dall'ormai prossimo addio dell'attuale numero uno Victor Valdes, il cui contratto scade proprio questo giugno. L'intenzione del portiere di non rinnovare l'accordo con la società spagnola ha fatto in modo che gli operatori di mercato, per conto del Barça, cominciassero a sondare il terreno proprio per il dopo-Valdes. Tanti i nomi accostati al club catalano tra cui quello del tedesco Marc-André Ter Stegen, in forza al Borussia Monchengladbach, come anche quello di Fernando Muslera, ex Lazio e attualmente titolarissimo al Galatasaray, per poi finire con quello uscito qualche giorno fa, ovvero Samir Handanovic.

A sostegno di questa voce, incide il recente interesse mostrato dall'Inter verso l'attuale portiere del Cagliari, Michael Agazzi, che andrebbe a sostituire lo sloveno. In più, esiste la possibilità di puntare sul giovane Francesco Bardi, in forza al Novara ma di proprietà dei nerazzurri, che consentirebbe al Presidente Moratti di utilizzare l'intera somma percepita in caso di cessione dello sloveno per rinforzare la squadra.

Il valore del giocatore è indiscutibile e l'ha ampiamente dimostrato questa stagione, ma la sua Carta d'Identità ed appunto il ruolo che ricopre, non danno all'Inter ampio margine di manovra. Quindi OK, se la cessione dovesse realmente arrivare per quella cifra, il PREZZO di Handanovic ci sembrerebbe PIU' CHE GIUSTO.

Ugo Mega
@Superughish (on Twitter)

giovedì 25 aprile 2013

BORUSSIA DORTMUND: SOLO 40 MILIONI PER COSTRUIRE UNA MACCHINA PERFETTA

CAPOLAVORO DEI GIALLONERI, CON UN PIEDE E MEZZO A WEMBLEY SPENDENDO UNA CIFRA SETTE VOLTE INFERIORE A QUELLA DEL REAL MADRID

Per fortuna nel calcio non vale sempre l’equazione che più spendi più vinci. Se fosse il contrario, oggi, il Chelsea ed il Manchester City si spartirebbero la Premier League, il Paris Saint-Germain vincerebbe il campionato con trenta punti di distanza dalla seconda, l’Anzhi trionferebbe in Russia e, forse, anche la Roma riuscirebbe ad arrivare tra le prime tre. Ma delle volte, non troppe a dir la verità, capita che anche una squadra costruita con poco riesca a demolire la corazzata economica (e tecnica) più forte del mondo.

E’ accaduto ieri sera al Westfalenstadion di Dortmund quando il Borussia ha spazzato via il più costoso Real Madrid nella semifinale della competizione regina d’Europa: la Champions League. Noi di Discovery Football ci siamo divertiti nel comparare il costo degli undici titolari tedeschi con alcuni dei merengue. Ne esce un analisi impietosa che evidenzia come, nonostante i direttori tecnici della Casablanca abbiano speso circa 7 volte la cifra servita al Borussia per i suoi, il risultato sul campo non abbia lasciato possibilità di replica.

Trecento milioni contro gli appena 40 serviti alla società della Ruhr per costruire un sogno. Andiamo a snocciolare un po’ di numeri. Tanto per dire, l’autore del poker, Robert Lewandowski, prelevato nel 2010 dal Lech Poznan, è costato solo 4,75 milioni, oggi il Bayern Monaco lo ha acquistato per più di 30. Leggendo i costi degli altri giocatori non si può far altro che stupirsi. Weidenfeller, Piszcek e Schmelzer sono arrivati da svincolati, per Subotic e Hummels sono bastati 8,7 milioni, con il primo pagato 300 mila euro più del compagno; la mediana formata da Bender e Gundogan si è formata spendendo solo 7 milioni, uno e mezzo del primo e 5,5 del secondo.
L’impronunciabile ma fortissimo Blaszczykowski, per tutti Kuba, è stato acquistato per soli tre milioni, anche se il vero capolavoro rimane uno, Mario Goetze. Il giovane talento di Memmingen ha fatto tutta la trafila con le giovanili giallo nere, non costando niente a parte lo stipendio, generando quindi una plusvalenza di 37 milioni dal suo futuro trasferimento in Baviera. L’unico errore imputabile al Dortmund è quello di non essersi subito resi conto di quanto fosse forte Marco Reus. Difatti, cresciuto anche lui nelle giovanili, fu lasciato partire nel 2006 a parametro zero e acquistato dal Rot Weiss Ahlen, squadra di quinta divisione tedesca. Nel 2009 ci ha pensato il Borussia M’bach ad accaparrarsi le giocate del piccolo mago fino a rivenderlo proprio all’altro Borussia nella scorsa estate per più di 17 milioni di euro.

Il totale della spesa ammonta precisamente a 40,6 milioni di euro, niente in confronto del Real Madrid.
Per citarne solo alcuni: Ramos (27mil), Pepe (30), Fabio Coentrao (30), Khedira (14), tanto per non arrivare ai 65 milioni spesi del panchinaro più costoso del mondo, Kakà. Quindi Pepe più Khedira uguale Borussia Dortmund.

Insomma nel calcio i soldi non fanno la felicità, certo aiutano, ma avere dei direttori tecnici capaci di acquistare a così poco prezzo dei giocatori del genere e un allenatore come Kloop, in grado di valorizzarli al massimo, rende la vittoria qualcosa di impareggiabile.

Nicolò Smerilli
@NiSmerilli on Twitter

mercoledì 24 aprile 2013

TATTICA CHE PARTITA!: BORUSSIA-REAL A SPECCHIO, L'INTENSITÀ FARÀ LA DIFFERENZA!

PER ENTRAMBE LE SQUADRE, LA VELOCITÀ DI FRASEGGIO E IL LIVELLO DI AGGRESSIVITÀ SARANNO DETERMINANTI

Per la rubrica "Tattica che partita!", dopo Bayern-Barca, andiamo ad analizzare i possibili scenari tattici dell'altra semifinale d'andata di Champions: Borussia Dortmund-Real Madrid.

QUI BORUSSIA
Per quanto riguarda i padroni di casa, inevitabile iniziare dalla questione Goetze. I grandi interrogativi della vigilia riguardano sicuramente come la squadra reagirà alla cessione di uno dei maggiori talenti della rosa e come si comporterà il pubblico.
Klopp ha messo le mani avanti, dicendo di volere al Westfalen solo tifosi pronto a sostenere i suoi giocatori. Staremo a vedere..
Per quanto riguarda la formazione invece, il mago biondo (o presunto tale) schiererà quella titolare, con un'unica possibile eccezione: ne Bender ne Kehl sono al meglio, possibile quindi che dal primo minuto parta l'ex della gara Nuri Sahin.

QUI MADRID
Nel caso del Real invece, dubbi non ce ne sono, Mourinho infatti durante la conferenza stampa ha tranquillamente comunicato la formazione che scenderà in campo: Ramos torna a destra e al centro in difesa giocano Varane e Pepe. In avanti invece, preferito Higuain a Benzema.

Arriviamo dunque alla partita. Le due squadre giocheranno a specchio: 4-2-3-1 per entrambe.
Moduli uguali ma non faccamoci ingannare, i modi d'interpretazione sono assai diversi. Mentre gli uomini di Klopp fanno partire l'azione quasi sempre direttamente dalla linea difensiva, sfruttando le abilità d'impostazione di Matt Hummels, nella manovra madridista invece il vero faro è Xabi Alonso che, seppur col sostegno di Khedira, gestisce tempi e spazi.
Differente anche la maniera di attaccare: se i terribili ragazzi tedeschi fanno della duttilità e dell'interscambiabilità le loro armi vincenti, gli uomini di Mourinho preferiscono affidarsi alle individualità, vista la grande abbondanza di cui dispongono. Gran Parte delle sortite offensive infatti dipendono dalle intenzioni di C.Ronaldo da una parte e di Di Maria dall'altra.

Le statistiche raccontano che probabilmente il Borussia Dortmund (media del 47%) lascerà il possesso palla ai blancos (media del 52%) per sfruttare la velocità dei suoi fantasisti nelle ripartenze.
Per il  Borussia la velocità del giro palla sarà determinante, così come l'intensità e la costanza nel pressing. Da questo punto di vista, Bayern-Barca docet. Sotto il profilo delle individualità inoltre, il Real appare superiore e proprio per questo ai gialloneri servirà una grande prova corale.
Le Merengues tuttavia non hanno dimostrato, in entrambe le fasi di gioco, la stessa compattezza del Bayern, anzi. Nelle sfide col Galatasaray infatti, spesse volte la squadra dello Special One ha mostrato una preoccupante distanza tra i reparti e un conseguente sfilacciamento della squadra, che alla Turk Telecom Arena per poco non costa la qualificazione.

Per quanto riguarda gli uomini chiave, questa volta ci sbilanciamo dicendone due in particolare: tra i padroni di casa Marco Reus, (anche se un po' banale) per la sua capacità d'inserimento alle spalle di Lewandowski e per la sua tendenza ad accentrarsi palla al piede dalla fascia. Movimenti del genere potrebbero prendere d'infilata la retroguardia spagnola.
L'altro nome, anche se non parte titolare, è quello di Luka Modric. Il trequartista croato non ha forse il passo di Ozil, ma in compenso dispone di una visione di gioco capace di bucare difese arroccate in area e soprattutto è già stato determinante partendo dalla panchina, chiedete a Ferguson e vi saprà dire qualcosa.

In attesa del fischio d'inizio, vale lo stesso appello fatto per l'altra semifinale: godetevi lo spettacolo!

DavideBernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

ARJEN 'CHOCOLAT' ROBBEN: ORA L'OLANDESE, NELLE PARTITE IMPORTANTI, NON SI SCIOGLIE PIU'!

L'ESTERNO OLANDESE, DOPO I FISCHI DELL'ANNO SCORSO SI PRENDE UNA BELLA RIVINCITA

E' il 22 maggio 2012. Bayern Monaco e Olanda disputano all'Allianz Arena un'amichevole per risolvere la "questione Robben". Il giocatore olandese infatti, come molti di voi ricorderanno, fu al centro di un caso legato alle sue condizioni fisiche. L'ex Chelsea si infortunò prima e durante il mondiale 2010 e fu costretto a saltare metà della stagione successiva con il club bavarese. I tedeschi accusarono la nazionale olandese di aver sottovalutato l'entità dell'infortunio.

La cornice della partita era un'Allianz Arena che veniva dalla cocentissima delusione della finale di Champions persa cinque giorni prima col Chelsea. Ebbene, durante la partita amichevole, Robben (che giocò con la maglia della nazionale) venne fischiato praticamente ad ogni tocco di palla, reo di aver sbagliato il rigore ai supplementari, fallendo così l'ennesima partita importante.
Occorre dire che quella non fu certamente la prima critica rivolta a Robben, che si sentì dire dal presidente onorario del club Franz Beckenbauer: "E' un giocatore egoista: basti notare che quando esulta non corre ad abbracciare i compagni, ma corre dalla famiglia. Ora i compagni si domandano se passargliela o meno". Certamente non parole al miele.
Tanto per rimanere sul dolce poi, non furono tanto più gentili a Madrid, dove apostrofarono l'ala destra con il nome di "Chocolat, quello che si scioglie nelle partite importanti".

A distanza di undici mesi, il buon Arjen si è preso una bella rivincita, col Barcellona ieri e ancora prima con la Juve!
Contro gli uomini di Vilanova è stato determinante, al pari di Muller. Ha tenuto in apprensione l'intera difesa blaugrana per tutta la partita. E' entrato nell'azione dell'1-0, crossando di destro (!!!) il pallone che Dante ha toccato per Muller. Ha firmato il 3-0 e più in genrale è stato protagonista di quasi tutte le azioni pericolose dei bavaresi.
Ma cosa davvero sorprendente, è stata la generosità col quale l'esterno di Heynckes si è messo a disposizione dei compagni, tenendo un comportamento tattico praticamente perfetto anche in fase difensiva: ripiegamenti, scalature e pressing a tutto campo.

E allora pazienza se sul gol è andato ancora una volta a salutare la famiglia. Da oggi, anzi da ieri, all'Allianz Arena si sente dire: Arjen Chocolat Robben, il più dolce dei cioccolatini!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

martedì 23 aprile 2013

TATTICA CHE PARTITA!: BAYERN-BARCA, DUE 4-3-3 MOOOLTO DIVERSI!

DUE MODULI SIMILI SULLA CARTA, DIAMETRALMENTE OPPOSTI AL MOMENTO DELL'APPLICAZIONE: ANALIZZIAMOLI

Che una squadra come il Barcellona, dopo sei semifinali consecutive, parta da sfavorita, la dice lunga su quale sia il valore del Bayern Monaco e in generale il livello delle due squadre in campo.
 Anche per questo, come già fatto per altre importanti partite in questa stagione, proviamo ad analizzare gli eventuali scenari tattici e le possibili chiavi di volta.

Le due squadre con ogni probabilità giocheranno a specchio, un 4-3-3 interpretato però in maniera molto diversa.
Iniziamo dai padroni di casa. Il Bayern, come ha detto lo stesso Schweinsteiger in conferenza stampa, a centrocampo gioca con due giocatori sulla carta offensivi (lo stesso Schweini e Muller) e uno difensivo (Javi Martinez); per i catalani invece vale il discorso opposto: almeno sulla carta due difensivi (Xavi e Busquets) e uno offensivo (Iniesta).
Altra differenza tra le due formazioni riguarda i due esterni alti. Quelli di Heynckess tendono a stare larghissimi per poi puntare i terzini avversari o pescare gli inserimenti dei centrocampisti o della punta, una volta ricevuta palla. Le ali catalane invece (Sanchez, ma soprattutto Pedro) preferiscono buttarsi dentro per sfruttare le verticalizzazioni di Iniesta e Xavi.
Differenze anche per quanto riguarda il reparto difensivo: gli uomini di Roura tengono la linea sempre piuttosto alta, rischiando molto in caso di contropiede, vedi vantaggio del Psg al Camp Nou, quando Ibra e Pastore riuscirono ad andare in porta con un semplice uno-due a centrocampo. I tedeschi invece tengono anch'essi il baricentro alto, ma in caso di ripartenza avversaria, rinculano velocemente verso la propria porta per aspettare il rientro dei due centrocampisti. 

Per quanto riguarda l'atteggiamento da tenere in campo, i bavaresi dovranno impostare la medesima partita giocata contro la Juve. Al di là della differenza di valore tra bianconeri e blaugrana, il comportamento del Bayern dovrà essere molto simile: baricentro alto, pressing immediato sui difensori catalani, in modo da ostruire dal principio il possesso palla degli uomini di Roura e squadra raccolta in 30 metri di campo, in modo da ostacolare il famoso tiqui taka ed evitare di cadere nelle imbucate di Iniesta e Co.
Per quanto riguarda gli uomini invece, fattore che potrebbe pesare sull'andamento della partita sarà l'assenza di Mandzukic e di conseguenza la prestazione di Mario Gomez. Il torero dal punto di vista realizzativo offre garanzie sicure, l'unico dubbio riguarda piuttosto il lavoro sporco che il suo compagno croato ha garantito alla squadra durante tutta la stagione e che non sappiamo se l'ex Stoccarda riuscirà a riproporre.
Importantissimo sarà anche il lavoro di Muller, che potrebbe davvero risultare determinante, infilandosi tra le linee al momento di offendere, ostacolando le geometrie di Busquets al momento di difendere.

Nel Barcellona invece, inutile specificare che il 50% della prestazione dipenderà da Messi. La Pulce con il Psg in dieci minuti riuscì a cambiare il rendimento di due squadre: la propria e quella avversaria. Con l'Inter di Mourinho e con il Milan quest'anno, la scelta della gabbia tattica ha ridotto di molto l'incisività dell'argentino. Heynckess nell'andata con la Juve adottò la medesima soluzione per marcare Pirlo, nel ritorno al contrario, sul 21 bianconero vi pose Muller a uomo. Sicuramente lo spazio a disposizione inciderà sulla prestazione di un Messi non al 100%.
Sull'atteggiamento da tenere in campo, i catalani dovranno anch'essi rimanre sempre compatti e scalare in modo perfetto per evitare gli uno contro uno di Ribery e compagni. La circolazione del pallone, per riuscire a mettere in crisi i meccanismi quasi perfetti dei freschi campioni di Germania. poi dovrà somigliare più a quello a duecento all'ora visto al Camp Nou col Milan che a quello al rallentatore dell'ultima gara di campionato col Levante.

Ovviamente queste sono semplici supposizioni su scenari tattici che questa sera si potrebbero presentare. In attesa che il campo ci dica se se tali supposizioni siano giuste o meno, godiamoci lo spettacolo!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

BAYERN-BARCA: DANTE E BARTRA, QUELLI CHE NON TI ASPETTI

DI MESSI, INIESTA, ROBBEN E RIBERY SI SA GIA' TUTTO. DISCOVERY FOOTBALL VI PRESENTA DANTE E MARC BARTRA, DUE DIFENSORI CHE POTREBBERO FERMARE I FUORICLASSE IN CAMPO

QUI MONACO
Il Bayern Monaco si presenta alla sfida contro il Barcellona in un momento stellare, infatti la Bundesliga è già stata archiviata da qualche settimane e la finale di coppa di Germania già prenotata. L'attacco bavarese coniuga alla perfezione potenza e agilità, velocità e tecnica, giocate eccezionali e pragmatismo degno di una squadra tra le più forti al mondo, ma il vero punto di forza è la difesa.


Affermare ciò sembra un'eresia, ma se si vanno a guardare le statische si scoprirà che il Munchen ha subito solamente 14 gol in tutto il campionato, ancor più sorprendene è notare che le reti subite in trasferta sono solo 3. Sarebbe riduttivo attribuire il merito ad un solo giocatore o solo alla difesa, ma non si piò dire non dire che c'è un giocatore che spicca su tutti: Dante.

Il difensore brasiliano classe '83 è stato acquistato la scorsa estate dal Borussia Monchengladbach dove ha disputo tre stagioni di altissimo livello. Il suo acquisto è passato in secondo piano perchè non era considerato un giocatore che poteva fare la differenza, ma solo un buon ripiego. Dante però ha stupito tutti ed ha pian piano preso in mano le redini del reparto difensivo tedesco, sopperendo in molti casi alle carenze individuali di Badstuber e Van Buyten, che partivano nettamente favoriti a inizio anno per ricoprire un posto da titolare al fianco di Boateng.

L'ex Borussia ha già superato le venti presenze stagionali, segnando anche un gol in campionato e annullando sul piano fisico attaccanti del calibro di Huntelaar e Lewandoski e sul piano atletico giocatori come Reus e Farfan. Con ogni probabilità stasera sarà lui a marcare il giocatore più forte del mondo, e anche se Messi è acciaccato creerà  certamente problemi sia sul piano tecnico che psicologico.

Molti tra i difensori più blasonati sono stati letteralmente ridicolizzati dalla pulce argentina che sarebbe in grado di far perdere autostima a chiunque con le sue caratteristiche che lo rendono imprendibile. Dante dovrà far valere i suoi 188 cm per il gioco fisico e la sua intelligenza tattica per leggere prima le mosse del suo avversario. Sarebbe troppo facile dire che Muller o Robben sono i giocatori che possono decidere l'incontro, noi di Discovery Football invece azzardiamo Dante come "man of the match", velocità e tecnica brasiliana unita alla concretezza tipicamente europea.

QUI BARCELLONA
Ottobre 1999, allo stadio Zorilla di Valladolid la squadra di casa sfida il Barcellona di Rivaldo e Luis Figo. L’allenatore di allora, Luis Van Gaal, decide di affidare la fascia destra ad un giovane capelluto che da un paio d’anni si stava imponendo con la squadra B: Carles Puyol. Quel  ragazzo diventerà presto un perno difensivo della squadra catalana e della nazionale spagnola, aiutandola a vincere qualsiasi trofeo.

Questa sera, proprio a causa della contemporanee assenza di Puyol e Mascherano e di un Abidal ancora non al massimo, Tito Vilanova potrebbe schierare al fianco di Piquè Marc Bartra, quello che da molti è considerato l’erede del capitano blaugrana.
Assemblato anche lui nella fabbrica de “La Masia”, Bartra entra nelle giovanili blaugrana nel 2002 ad appena 11 anni. Fa tutta la trafila, passa per la squadra B (allenata dall’ex allenatore della Roma Luis Enrique), fino ad esordire il 14 febbraio 2010 nella “macchina perfetta” di Guardiola. Da quel giorno è rimasto sempre nella rosa della prima squadra, aspettando il momento giusto per far notare le sue qualità.

Qualità che in Catalunya dicono siano veramente importanti. Dotato di un fisico imponente che gli permette però di conciliare velocità e potenza, è il prototipo del difensore moderno. Ma la sua caratteristica più importante è la sua capacità tecnica, perfetta per cominciare l’azione nel tiki-taka blaugrana. Oltre al carattere forte e determinato la cosa che più lo avvicina a Puyol è la sua grande duttilità tattica. Bartra infatti, proprio come il suo capitano, può occupare al meglio ogni ruolo della difesa seppur preferendo il settore centrale.

Stasera il ragazzo di Saint Jaume si troverà di fronte alcuni dei migliori giocatori del mondo come Robben, Ribery e Mario Gomez. Ma se veramente assomiglia a Puyol siamo certi che non avrà paura di nessuno.
Giammarco Bellotti (@GiamBellotti on Twitter)
Nicolò Smerilli (@NiSmerilli on Twitter)

INTER - LA DURA VERITA'

NONOSTANTE IL RITORNO ALLA VITTORIA (1-0 SUL PARMA), LA REALTA’ DEL MOMENTO NON CAMBIA; RAGGIUNTO TUTTAVIA IL QUINTO POSTO (E CHISSA’ SE NE SARANNO COSI’ CONTENTI…)

A: «Ehi, scusatemi. Ma dove diavolo sono? »
B: «Chi?? »
A: «Cassano? Dov’è?? »
B: «Ehhh…fuori, stiramento»
A: «Ah…ma come? E Milito anche..fuori…Cambiasso? E gli altri?? Tutti via?!»
B (mezzo ironico e mezzo rassegnato): «Ehhh…è così, davvero così»

Un dialogo reale, amici, vissuto in prima persona, proprio domenica, intorno all’ora di pranzo, seduti in mezzo agli spalti di San Siro ad assistere all’incontro tra Inter e Parma. Un dialogo reale, che vede come protagonisti ‘A’ (un gruppo di ragazzi svedesi, interisti, per la prima volta in gita al Meazza per assistere dal vivo ad una gara interna dell’Inter) e ‘B’ (un tifoso nerazzurro abbonato, perennemente presente allo stadio una domenica sì ed una no). Un dialogo nato intorno al 25' della ripresa, quando i tre giovani stranieri, evidentemente afflitti e scoraggiati da uno spettacolo non proprio eccezionale, pensandoci bene si voltano verso un ragazzo vicino, ponendogli il quesito che avete appena letto. Cassano, Milito, Cambiasso? No, Schelotto, Rocchi e compagnia bella. Di certo non il massimo per un tifoso straniero per la prima volta a San Siro.

Perché è questa l’immagine che si dà agli occhi degli altri. Ed è un episodio particolare questo, che deve comunque far riflettere, che evidenzia e rispecchia l’attuale realtà interista.
Una realtà non semplice, ma ben percepibile in questo momento sia in campo che sugli spalti. In campo, innanzitutto, nell’ultimo turno di campionato, se non altro gli uomini di Stramaccioni sono tornati a fare punti e a vincere a San Siro dopo addirittura quattro sconfitte consecutive (inclusa la gara di Coppa Italia con la Roma) tra le mura amiche. Una vittoria che serve a ben poco, giusto al morale, ma che comunque riporta (inaspettatamente) l’Inter al quinto posto in classifica, davanti ad entrambe le romane. Una buona notizia, o forse no? Dipende dai punti di vista: con questo piazzamento infatti l’Inter rischierebbe di essere proprio dove in realtà non vorrebbe essere! 
Ci spieghiamo meglio: se il campionato finisse oggi, con la finale di Coppa Italia (decisiva per assegnare un posto in Europa) tra Lazio (7^) e Roma (6^) e la Fiorentina al quarto posto, l’attuale quinta piazza in classifica vorrebbe dire, per i nerazzurri, qualificazione all’Europa League a partire dal terzo turno preliminare e cioè lo stesso dell’anno scorso, disputato ad inizio agosto!

Tuttavia, soffermandoci per un attimo sull’aspetto tecnico, fa piacere se non altro denotare un certo impegno da parte di molti giocatori schierati in campo, nonostante la situazione sia chiaramente quella che è. C’è da dire, comunque, che la vittoria è arrivata contro una delle peggiori squadre del momento, quel Parma di Mr. Donadoni che, considerando solamente il girone di ritorno, ha fatto più punti solamente del Pescara. 
Tra i più positivi Jonathan e Ricky Alvarez, due giocatori che qualche bella rivincita se la stanno decisamente prendendo. Chissà, potrebbe essere ormai troppo tardi per loro, ma nell’ultimo periodo bisogna dire che entrambi stanno dimostrando grossi miglioramenti, dovuti probabilmente anche alla tranquillità e alla mancanza di pressione di questo finale di stagione; tra i peggiori invece Schelotto, fischiato dallo stadio intero, in seguito ad una delle prestazioni forse più brutte viste sul campo di San Siro (e ce ne sono state eh..).
Sugli spalti, invece - dicevamo - la non semplice realtà del momento appare ancora più visibile.
E’ cominciato infatti il periodo delle contestazioni, dirette tuttavia solamente alla società, almeno fino ad ora. La Curva Nord, sede del tifo interista più caldo ed appassionato, pur non facendo mai mancare il suo grande appoggio a squadra e calciatori, ha iniziato a chiedere qualche spiegazione ai piani alti del club: mercoledì sera contro la Roma è stato il turno del d.g Marco Fassone, domenica pomeriggio invece è toccato a Marco Branca, Responsabile dell’area tecnica nerazzurra ormai da una decina d’anni. E’ stato lui, infatti, il principale protagonista del messaggio espresso ad inizio gara dalla Nord, attraverso uno striscione, accolto da un lungo e caloroso applauso di tutto San Siro (cosa non molto frequente). Come detto tuttavia, le contestazioni non toccano né squadra né allenatore: la linea dei tifosi assomiglia perciò molto a quella del Presidente Moratti. Si può continuare con Stramaccioni, l’idea è quella ed è stata confermata a gran voce da più organi societari (compreso lo stesso Moratti).
Prepariamoci dunque, tutti pronti per uno StramaBis.
Pronti e concentrati sul progetto, come chiedono i tifosi. Al di là di Stramaccioni, qualcos’altro comunque cambierà, sembra evidente. Una scossa ci sarà, inevitabile, se si vuole tornare a pensare in grande o a giocare quantomeno da Inter. Un’icona mondiale come può essere l’Inter non può permettersi questa condizione, non sarebbe accettabile. Si può e si deve ripartire, con impegno, bravura e talento. Cosicchè, qualora tornassero giovani sostenitori stranieri a San Siro, non si debbano rattristare e deprimere nel vedere un desolante spettacolo, con interpreti non all’altezza dell’Inter. Perciò bisogna ripartire, per la gioia di tutti i tifosi. E per la felicità, anche, di A e B.  

Dario Di Noi
@DarDinoRio on Twitter

lunedì 22 aprile 2013

OMMALLEO SIMPALLAO, SEMBRA MESSI E INVECE E' SAU!

DODICI GOL ALLA PRIMA STAGIONE IN SERIE A: SAU FA SOGNARE CAGLIARI

Sorgogno, piccola comunità nel centro della Sardegna, provincia di Nuoro. Paesino piccolo, gente tosta, come tutti i sardi. Cagliari calcio unico amore, simbolo di un’isola che da sempre vive dell’orgoglio dei suoi abitanti, uniti e fieri sotto la bandiera dei quattro mori.

È qui che inizia la storia di Marco Sau, ragazzo talentuoso, piccolino (da qua il soprannome di “Pattolino”) e dal destro fatato. Inizia la sua carriera nelle giovanili della squadra locale sino al 2005, dove finalmente approda al Cagliari, squadra primavera. Da qui, un continuo girovagare: prima Manfredonia, poi Albinoleffe, infine Lecco. Poi il 2010, quando approda al Foggia, guidato da quel Zeman, tecnico che rese grande la piazza pugliese nei primi anni 90’.
Sotto la guida del Boemo, 20 goal in 33 presenze; la Serie B gli da una chance, la Juve Stabia neo-promossa lo prende in prestito per la stagione 2011-2012.
Il risultato? 36 presenze e 21 goal, secondo nella classifica capocannonieri dopo Ciro “ Il Grande” Immobile, attaccante del Pescara campione del campionato cadetto. Da segnalare nelle note il goal a Marassi contro  la Sampdoria, premiato come segnatura  più bella della stagione di Serie B. Guardare per credere.

Campionato 2012-2013. Ritorno a casa, pressione tanta, speranze molte; ormai tutta la Sardegna conosce il suo nome, le aspettative per la prima stagione in Serie A con la maglia della sua terra sono innumerevoli. 24 presenze, 12 goal fino ad oggi, uno ogni due partite, uno più bello dell’altro.
Tonara, la città delle sue origini, ha un sindaco dal medesimo cognome: quale dei ”Sau” ora, è il primo cittadino?

Davide Battistini.
@DaddeBattistini on Twitter

DOPO IL DERBY PAREGGIATO, ECCO IL PUNTO SULLE DUE SICILIANE

TIRIAMO LE SOMME SULLE DUE SICILIANE, DIVISE TRA EUROPA LEAGUE E RINCORSA ALLA SALVEZZA

Un pareggio che fa molto più comodo ai rosanero, visti i risultati delle avversarie dirette per la corsa alla salvezza, mentre i rossazzurri devono rinviare la festa per il record di punti in Campionato.
Catania che si dimostra essere una squadra tosta e dal discreto livello tecnico, fattori che fanno, ed hanno fatto, la differenza per quanto riguarda l’andamento in Campionato delle due siciliane. Palermo in ripresa, grazie alla cura Sannino.

Tornando al Derby, il Catania avrebbe tranquillamente meritato la vittoria e non solo per le occasioni avute, ma anche per il gioco espresso dagli uomini del tecnico Maran. Se non altro ai rosanero va riconosciuto il merito di crederci fino all’ultimo.. Punto davvero preziosissimo visti i risultati delle altre due avversarie, Genoa e Siena, stoppate, rispettivamente, da Atalanta e Chievo. Per il Catania, invece, rimane aperta la corsa all’Europa League, visti i 5 punti di ritardo dall’Inter attualmente quinta.
Peccato che il finale di partita sia stato rovinato dagli scontri avvenuti tra gli stessi giocatori, subito dopo il triplice fischio arbitrale. A farne le spese è il portiere argentino del Catania, Mariano Andujar, espulso da Mazzoleni per aver aggredito il centrocampista rosanero Barreto, che a dire il vero non si dimostra essere tanto innocente. Le immagini infatti, riprendono il centrocampista uruguagio intento a colpire con una testata, non proprio involontaria, l’estremo difensore etneo, tutto mentre accorreva per andare a festeggiare con i compagni.

Per il resto, il Catania può ancora dire la sua riguardo la corsa ad un piazzamento europeo, almeno fin quando la matematica lo consente; il Palermo, invece, rimane ancora in “nomination” per quello che sembra davvero essersi tramutato in “Reality Show” intitolato “Operazione Anti Tonfo”,  dove i tre partecipanti sembrano essere svegliati da quel torpore che li ha pervasi per tutto il Campionato, cercando di conquistarsi la permanenza nella massima serie. Il problema è che, come ogni reality che si rispetti, il vincitore sarà uno soltanto.

Ugo Mega
@Superughish (on Twitter)

DRAME': TRANS-AZIONE FALLITA!

VI RACCONTIAMO IL FATTO DEL GIORNO: SOTTO I RIFLETTORI IL TALENTO DEL LECCE, ATTORE PROTAGONISTA DI UN FATTO INCREDIBILE

Ousmane Dramè, calciatore del Lecce, è stato protagonista di una vicenda tragi-comica: rapina una prostituta, fugge in bicicletta e viene inseguito da un transessuale che riesce a farlo arrestare.

Una storia ai limiti dell'inverosimile, una di quelle vicende che non hanno niente per cui ridere, ma che non riescono a non strapparti un sorrisino. Un episodio che già di suo è tragi-comico, ma se poi ha come protagonista un calciatore, simbolo di "uomo che non deve chiedere mai", per giunta di origini africane quindi per luogo comune difficilmente raggiungibile in una fuga, la risata è inevitabile. Queste sono le definizioni dell'avventura di cui il calciatore del Lecce è stato protagonista.

Il giovane talento classe 92 questa notte ha avvicinato una prostituta offrendole in cambio di una prestazione sessuale il suo iPhone 5 perchè non era in possesso di denaro contante. La meritrice dopo aver accettato il "baratto" ed aver riposto il suo nuovo smartphone nella borsetta si è vista abbandonata nel bel mezzo dell'atto sessuale e derubata proprio della sua borsetta dal suo cliente. Dramè una volta riconquistato il suo amato iPhone ha provato a fuggire in bicicletta per le vie di Lecce, ma non aveva fatto i conti con l'eroe della storia: il TRANSESSUALE. Il transessuale dopo aver visto la scena decide di soccorrere l'amica prostituta e di buttarsi in mezzo ad una strada per fermare una FIAT PANDA, di vecchio modello, e far partire l' inseguimento del ladro. Contemporaneamente il nostro eroe riesce ad avvisare la polizia, con la quale riuscirà a bloccare il goffo ladro in via Monteroni, nei pressi della caserma di cavalleria. A quel punto il transessuale si è visto scaraventare a terra da Dramè che nel tentativo di difendere il suo prezioso bottino lo ha sgambettato procurandogli abrasioni sulla gamba e sul braccio destro. Per questo motivo il giovane è stato denunciato per rapina e lesioni ed è in stato di libertà.

"Cornuto e mazziato""Oltre il danno anche la beffa", come se nn bastasse la pazza nottata potrebbe avere ripercussioni assai più gravi per l'atleta di colore, in un comunicato stampa la società U.S. Lecce dichiara: "Se i fatti dovessero essere confermati, l'U.S. Lecce esprime la propria più ferma indignazione per quanto accaduto e annuncia l'esclusione del suddetto giocatore da tutte le attività della squadra, riservandosi di richiedere la risoluzione del contratto con procedura d'urgenza». La società di giallorossa in una nota affidata al proprio addetto stampa dichiara inoltre: "La stessa società - prosegue la nota - valuterà, inoltre, la possibilità di intraprendere un'azione di risarcimento danni a tutela della propria immagine".

Giammarco Bellotti
(@Giambellotti on Twitter)

ABATE E AMELIA SBAGLIANO, VIDAL NO: JUVE-MILAN EDIZIONE 2012-13 VIENE DECISA ANCORA DA UN RIGORE

UN MATCH TUTT’ALTRO CHE ENTUSIASMANTE VIENE RISOLTO, COME ALL’ANDATA, DA UN EPISODIO: I ROSSONERI ORA DEVONO DIFENDERE LA TERZA PIAZZA ATTACCATA DALLA FIORENTINA

57’ Vidal(R). Personalmente, non mi era mai capitato di esordire in un pezzo citando un dato proveniente dal tabellino del match appena visto. Ma come molti di voi potranno capire,la partita di ieri tra Juventus-Milan è il più classico degli esempi del “C’è sempre una prima volta”. Per il sottoscritto, ovviamente.

Basterebbe, infatti, limitarsi a un fatto. Tragicomico, per ogni tifoso rossonero. Protagonisti Abate e Amelia, la nuova coppia che scoppia: il terzino si fa scavalcare da un pallone scodellato da Pirlo e sorpassare ingenuamente da Asamoah. Amelia esce inspiegabilmente e frana sul ghanese: rigore netto, Vidal ringrazia. 1-0 con rigore come all’andata, seppur a parti invertite, e scudetto bianconero a -4.

 Tutto il resto è noia. Proprio così. Franco Califano ci ha lasciato in eredità una frase tanto chiara quanto perfetta per descrivere il big match dello Juventus Stadium. Partita equilibrata e tanto chiusa da far pensare a un pareggio che sarebbe stato, con ogni probabilità, il risultato più giusto: Milan che copre bene il campo, Juve mai pericolosa e poco lucida. Numero di palle gol nel match: una. Punizione di Pirlo deviata dalla barriera e messa in angolo da Abbiati, che nell’occasione si infortuna al polpaccio.

Se sul match, come detto, c’è ben poco da raccontare, aprire il capitolo sulle ormai consuete scelte discutibili di Massimiliano Allegri pare doveroso. Un paio di punti di domanda su tutti: perché Abate e non De Sciglio? Perché schierare Robinho dal primo minuto?

Acciuga, sicuramente, avrà le sue motivazioni. Ciò non toglie, tuttavia, che i tifosi rossoneri qualche dubbio a riguardo lo covino eccome. De Sciglio ha disputato un campionato fenomenale, mostrando una maturità eccezionale e grande capacità anche in fase offensiva, aspetto che spesso è mancato sulle fasce alla squadra rossonera. Lasciarlo in panchina, a prescindere dall’errore decisivo di Abate in compartecipazione con Amelia, sa tanto di sbaglio. Esattamente quanto schierare un Robinho ormai incapace di fare la differenza, e non per la prima volta in questa sua disastrosa stagione.

Il match di ieri ha palesato, se ce ne fosse ancora il bisogno, di quanto il Milan soffra la mancanza di qualità a centrocampo. E se le immagini valgono più di mille parole, facile ricollegarsi a due situazioni favorevoli ai rossoneri non sfruttate: entrambe con protagonista Massimo Ambrosini, entrambe conclusesi con tiri dal limite dell’area di rigore schiacciati e persisi lentamente sul fondo. Il solo Montolivo in mezzo non può bastare: se Galliani ha promesso un acquisto in difesa, dovrà fare altrettanto pensando alla linea mediana.

La sconfitta di Torino ha posto così fine alla striscia di 15 risultati utili consecutivi inanellati dalla squadra rossonera, mai realmente abile nel creare pericoli alla porta difesa da Buffon e colpevole nello sbagliare puntualmente l’ultimo e decisivo passaggio di ogni trama creata. Soprattutto, fa suonare un campanello d’allarme in casa Milan: gli uomini di Allegri non vincono da 3 turni e la Fiorentina, con il rocambolesco 4-3 sul Torino, si è portata a una sola lunghezza di distanza. A secondo posto oramai perduto, il prepotente ritorno in corsa della Viola per la qualificazione alla prossima Champions League è da tenere d’occhio. E da respingere.

Il prossimo ostacolo si chiama Catania: a San Siro, per affrontare gli etnei, tornerà anche Mario Balotelli, reduce dai 2 turni di squalifica scontati. Portare a casa i 3 punti ora diventa quanto mai fondamentale, per non rovinare uno splendido volo che ha portato i rossoneri dai bassifondi della classifica alla concreta possibilità di ottenere un posto nell’Europa che conta. Con SuperMario di nuovo a disposizione, restano 5 livelli da completare: l’obiettivo è quello di arrivare a liberare e conquistare la tanto agognata principessa dal nome particolare ma terribilmente affascinante. Chiamata Qualificazione Champions.

Simone Nobilini
(@SimoNobilini on Twitter)

EDITORIALE JUVE: CONTAVANO I 3 PUNTI, MA IL NUOVO MODULO ANCORA NON CONVINCE!

CONTAVA VINCERE, MA LA PRESTAZIONE E' STATA PIUTTOSTO DELUDENTE

Una gara molto simile a quella del girone d'andata, bloccata, in cui entrambe le squadre hanno tenuto bene il campo e poi decisa da un episodio.
A questo punto della stagione la cosa più importante erano i tre punti e alla luce del risultato, la prestazione poco brillante della Juve passa ovviamente in secondo piano. Vanno comunque analizzati, anche in prospettiva prossima stagione, alcuni aspetti del nuovo modulo proposto da Conte, che almeno per ora ancora non funzionano.
L'assetto cui ci riferiamo è chiaramente il 3-5-1-1 che i bianconeri hanno utilizzato anche nella gara di lunedì scorso con la Lazio.

La prima cosa da sottolineare è il contesto: usare il modulo a una punta a Roma può essere una scelta assolutamente sensata, utilizzarlo invece in casa è forse un atteggiamento un po' troppo rinunciatario per la prima in classifica.
Il secondo aspetto è invece il paradosso visto questa sera e a tratti anche a Roma riguardo l'atteggiamento tattico del centrocampo in rapporto alla superiorità numerica.
Mi spiego subito: un modulo con sei centrocampisti (perchè Marchisio non è certamente un trequartista!) presuppone almeno teoricamente, una superiorità netta a centrocampo in entrambe le fasi. Col Milan e a tratti anche con la Lazio invece, Pirlo è stato spesso lasciato solo a gestire il pallone, gli altri compagni di mediana disposti dieci-quindici metri più avanti e buchi piuttosto eviedenti in mezzo al campo che fortunatamente ne biancocelesti ne rossoneri hanno saputo sfruttare.

Capitolo Marchisio: il Principino bianconero anche con i rossoneri è stato "sacrificato" trequartista dietro Vucinic. L'idea di Conte è quella di sfruttare le doti di inserimento del centrocampista torinese in fase offensiva, la sua generosità e il suo senso tattico in fase difensiva. Contro gli uomini di Allegri, Marchisio ha corso moltissimo, offrendo un contributo importantissimo in fase di pressing e spesso anche in ripiegamento, ma non è praticamente mai entrato nel vivo del gioco.
La mia idea rimane quella che le proprietà da incursore si evidenzino quando il numero 8 bianconero parte da dietro riuscendo a prendere in controtempo le difese avversarie e che impiegarlo "alla Perrotta", non sfruttando le sue doti di incontrista sia un peccato.

Capitolo Vucinic: il montenegrino è incappato in una delle sue classiche serate in cui sembra aver dimenticato la voglia a casa. Se l'intenzione di Conte è quella di sfruttare le sue capacità tecniche per esaltare la corsa di Marchisio, lo Zorro bianconero in partite come queste riesce praticamente solo a perder palla, senza essere capace di far salire la squadra e anzi, costringendola a rimanere schiacciata.
Un modulo del genere, soprattutto in fase di ripartenza, prevede Vucinic come unica possibile destinazione delle verticalizzazioni bianconere; purtroppo in giornate come questa, in cui la Juve non è al meglio fisicamente e l'avversario è messo bene in campo, l'avere una sola opzione diponibile diventa un evidente ostacolo allo sviluppo del gioco e conseguentemente alla pericolosità della squadra.

 Alla luce di queste considerazioni (ma non solo) e in ottica prossima stagione, posso dire che il modulo a sei centrocampisti non mi ha convinto del tutto. Tuttavia, con ancora cinque giornate da giocare e 11 punti di vantaggio sul Napoli, Conte ha la possibilità di collaudare meccanismi ancora poco fluidi.

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

domenica 21 aprile 2013

UDINESE: PIOTR ZIELINSKI, UN NUMERO 10 FATTO IN CASA POZZO!"

E' STATA LA VERA RIVELAZIONE DELLA VITTORIA DEGLI UOMINI DI GUIDOLIN SULLA LAZIO: CLASSE '94 IL POLACCO HA NUMERI DA CAMPIONE


Dopo la prima da titolare col Parma, ieri sera alla seconda dal primo minuto, un ragazzino polacco ha sorpreso davvero tutti.
Si chiama Piotr Sebastian Zielinski ed è il nuovo, anzi l'ennesimo, gioiellino scoperto dalla famiglia Pozzo e dall'Udinese.

Trequartista classe '94 , è nato il 20 maggio a Zabkowice Slaskie ed è arrivato ad Udine due anni fa dal Zagliebe Lubin, dove a 16 anni giocava già in prima squadra.
Grandi meriti dell'arrivo del gioiellino polacco in Italia, vanno ad Andrea Carnevale, che di recente ha raccontato di aver visto per la prima volta Zielinski in un torneo in Spagna. Al ragazzo venne fatto fare un provino ad Udine, durante il quale venne fatto giocare con le giovanili bianconere e a cui venne chiesto di battere anche le punizioni. Ebbene iniziò a batterle indistintamente di destro e sinistro, tanto che a fine partitta gli stessi osservatori bianconeri non erano più certise il ragazzo fosse destro o mancino.

Aggregato alla primavera friulana, mette a segno 7 gol in 12 partite, abbastanza per convincere Francesco Guidolin a portarlo in prima squadra.
Lo stesso allenatore veneto, nel post partita con la Lazio ha dichiarato: "La prima volta che lo vidi era poco più che un ragazzino, gracile, ma i piedi erano spettacolari. Zielinski potrebbe diventare quel numero dieci che cerchiamo da anni. Un numero dieci fatto in casa".
Effettivamente Piotr, alto 177 cm, è il classico trequartista moderno, cui piace giocare tra le linee, dialogando nello stretto, ma con la piacevole tendenza ad inserirsi alle spalle dei difensori.
Nella stessa partita con gli uomini di Petkovic, è andato un paio di volte vicino al gol proprio andando a prendere in verticale i suggerimenti di Di Natale.
Per quanto riguarda invece la nazionale polacca, a soli 18 anni è già nell'orbita della selezione U21.

Dopo i vari Sanchez, Inler e Asamoah, ecco Piotr Sebastan Zielinski, il nuovo, anzi l'ennesimo, fatto in casa Pozzo.

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

HAT TRICK PAULINHO: SI PORTA A CASA PALLONE E FORSE UN PEZZO DI SAMP!

L'ATTACCANTE AMARANTO CON LA TRIPLETTA AL GROSSETO SALE A 19 GOL E 16 ASSIST: CIFRE NOTEVOLISSIME!

Fino a pochi mesi fa, l'unico Paulinho conosciuto in Italia era Josè Paulo Bezerra, per capirci quello inseguito da Inter e Milan (ma non solo!) che gioca nel Corinthians.
Da qualche partita a questa parte, il Paulinho sulla bocca di tutti è Paulo Sergio Betanin, per capirci quello inseguito da Samp e Napoli (ma non solo!) che gioca nel Livorno.

Il Bomber che sta facendo impazzire l'Armando Picchi è nato il 10 gennaio 1986, pesa 67 kg e misura 176 cm. Complice il fisico non proprio da "pivot" è un attaccante duttile, che può ricoprire tutti i ruoli del reparto offensivo.
Dopo aver cominciato nella Juventude, nel 2004 viene preso dal Livorno, anche grazie al doppio passaporto(brasiliano e italiano) del ragazzo. Appena diciottenne, le prime stagioni nel Bel Paese non sono facili: esordisce in A con Donadoni nel 2004-05, facendo segnare alla fine 4 presenze.
Di anno in anno il suo impiego cresce, ma quello era il Livorno di Palladino-Lucarelli, quello che si giocava la Uefa. Anche per questo Paulinho viene mandato un anno in B al Grosseto: 31 presenze e 2 soli gol. Nel 2008 torna a Livorno, nel frattempo retrocesso in B, per riscattarsi; se possibile fa peggio di prima, con 14 presenze e 0 gol.

Nel 2009 a retrocedere è proprio lo stesso Paulinho, che viene mandato in Lega Pro a Sorrento, che lo prende con la formula del prestito con diritto di riscatto della metà.
Qui arriva la svolta: al primo anno segna 15 gol in 33 partite. Al secondo 24 in 29 presenze.
Dopo numeri del genere inevitabile il ritorno  Livorno. Nella stagione 2010-2011 ne mette a segno 15. Quest'anno la definitiva esplosione: Tranfermark.it oltre ai noti 19, riporta l'incredibile cifra di 16 assist!
Numeri che inevitabilmente gli sono valsi l'interessamento di varie società di serie A, anche se la più interessata sembra la Sampdoria, decisa a rimpiazzare Icardi complice la spinosa situazione Zaza (intenzionato a non rinnovare con i blucerchiati).

Di queste 19 reti le ultimi tre le ha segnate ieri nella trasferta di Grosseto. Allo Zecchini l'attaccante amaranto ha messo in mostra tutto il suo repertorio: scappato sul filo del fuorigioco ha battuto con un pallonetto Lanni in uscita in occasione del primo gol. Rigore trasformato che vale la doppietta e poi perla a girare per l'Hat Trick che gli permette di portarsi a casa pallone e forse..anche un pezzo di Samp!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

sabato 20 aprile 2013

HÖRØUR MAGNUSSON: IL FUTURO DELLA DIFESA BIANCONERA E' GIA' A VINOVO!

FISICO IMPONENTE E PIEDI BUONI, L'ISLANDESE CLASSE '93 STUDIA DA BARZAGLI.

Da un anno e mezzo a questa parte, Conte ha dimostrato come la difesa a tre della Juve, sia il prodotto dell'unione complementare di diverse caratteristiche tecnico tattiche. La visione di gioco e la capacità di impostazione di Bonucci, quella di rottura di Chiellini, e Barzagli, dimostratosi ad ottimi livelli in entrambe le fasi.
L'ex Wolfsburg ha sorpreso tutti per il rendimento sempre ai massimi livelli negli ultimi due anni, ma va comunque detto che il difensore bianconero è un classe '81; le primavere sono ormai 32 ed inevitabilmente la Juve dovrà iniziare almeno a 'pensare' al futuro.
In un periodo tanto difficile per il calcio itaiano, le soluzioni da intraprendere sono solo due: scovare e 'coltivare' autentici crack, come direbbero in Spagna, vedi i casi Vidal (pagato 10,5 e al momento vendibile a non meno di 30 milioni) e Pogba (preso a parametro zero ed ora giudicato uno dei tre migliori '93 al mondo).

Da una di queste due vie percorribili potrebbe arrivare un pezzo importante del futuro della difesa bianconera. Per la precisione un "pezzo" nato l'11 febbraio 1993, alto 190 cm ed arrivato dalla lontanissima Reykjavik.
Stiamo parlando di Hörøur Magnusson, difensore centrale della Juve primavera.
Come già detto è un calciatore islandese classe '93. E' cresciuto nel Fram Reykjavik, dove ha giocato per dodici anni dal 1998 al 2010 e con cui è sceso in campo 6 volte nella massima serie islandese.
Nel 2011 il passaggio in bianconero. Il giovane islandese sorprende subito anche Conte che il 29 dicembre lo convoca per il ritiro invernale della prima squadra a Dubai.

Nonostante il fisico imponente, Magnusson è piuttosto veloce e ciò che sorprende piacevolmente è la sua capacità di impostazione.
In tutto il campionato Primavera e in particolar modo nelle due gare di Finale della Tim Cup, il giovane "bianco", come lo chiamano i compagni per il colore dei capelli biondissimi, ha guidato la difesa di mister Baroni con grande disinvoltura e autorità. Bravo soprattutto a tenere alta la squadra gestendo bene il possesso quando era necessario alzare il baricentro.

Con Barzagli, Chiellini, Bonucci, Marrone, Caceres, Peluso e la situazione ancora incerta di Sorensen, lo spazio in prima squadra per Magnusson la prossima stagione sarebbe davvero poco. Verrà quindi molto probabilmente girato in prestito ad una squadra di A o di B, in modo che la sua crescita prosegua al meglio.
Ma noi ne siamo convinti, presto lo vedremo in bianconero, tra i grandi però!

Davide Bernardi
@DavideBernardi6 on Twitter

giovedì 18 aprile 2013

CHAPEAU: ICI C'EST... MATUIDI! IL FRANCESE E’ DIVENTATO UN IDOLO DEL PARCO DEI PRINCIPI

UNO DEI GIOCATORI MENO COSTOSI DELLA BIENNALE, FARAONICA CAMAPGNA ACQUISTI DEL PSG SI STA RIVELANDO UNA PEDINA FONDAMENTALE NELLO SCACCHIERE DI ANCELOTTI

Dici PSG, pensi a Ibrahimovic, Thiago Silva, Lavezzi, Beckham, Verratti e chi più ne ha più ne metta. In sostanza, la mente torna alla clamorosa campagna acquisti made in Leonardo attuata grazie ai finanziamenti dello sceicco Al Thani, presidente del club parigino.

Eppure, qualcuno in grado di fare la differenza, oltre a questa parata di stelle, c’è eccome. Il più classico dei colpi al quale si dà poco credito, per poi essere successivamente smentiti. Numero 14 sulla schiena, tallonatore instancabile: più semplicemente, Monsieur Blaise Matuidi.
Classe ’87, Matuidi è stato prelevato nel 2011 dal Saint-Étienne per una cifra vicina agli 8 mln di euro. Mediano o all’occorrenza centrale di centrocampo ha dimostrato, dopo l’impatto tutt’altro che esaltante con il mondo parigino risalente all’anno precedente, di poter meritare una maglia da titolare nella stellare rosa a disposizione di mister Carlo Ancelotti.

Oltre al proverbiale e utilissimo lavoro da incontrista davanti alla difesa, il nazionale francese di origini angolane ha acquisito anche una buona capacità di inserimento e pericolosità nelle azioni offensive. Le statistiche parlano chiaro: nei 7 anni spesi tra Troyes (2004-2007) e Saint-Étienne (2007-2011) ha siglato tante reti quante ne ha realizzate in questa stagione con la maglia del PSG: 7, delle quali 4 in Ligue 1, 2 in Champions League e 1 in Coppa di Francia. Gol oltretutto decisivi, come quelli segnati al Lione e proprio al Troyes nell’ultima giornata disputata, che hanno garantito al PSG punti fondamentali per ambire alla conquista del campionato francese.

Il prezzo del suo cartellino è lievitato, fino a raggiungere quota 15 mln di euro. Ma difficilmente il PSG se ne priverà. Dopo averlo ritrovato , con un anno di ritardo, Blaise si è rivelato un giocatore fondamentale. E il pubblico parigino lo ha ormai idolatrato. Perché Ici (oltre a Paris) c’est Matuidi.

Simone Nobilini
(@SimoNobilini on Twitter)