IL TALENTINO CROATO SBALORDISCE SAN SIRO E FA INNAMORARE L'INTER
Nella notte di San Valentino, in cui la sorte spezza il cuore dell'Inter e il ginocchio del suo Principe, la San Siro nerazzurra si innamora di Mateo Kovacic.
Il giovane croato ci ha lasciato davvero senza parole per la completezza della sua prestazione: quantità e qualità, il tutto condito dalla maturità del giocatore navigato.
Arrivato a gennaio, i circa 15 milioni spesi da Moratti per portarlo a Milano erano parsi eccessivi per un ragazzo di 18 anni, sì fortemente voluto da Stramaccioni, ma di cui comunque non si sapeva granchè.
Dopo la prestazione di ieri, le opinioni sono cambiate. Certo una partita è ancora troppo poco, ma le qualità in prospettiva sono palesi.
Schierato davanti alla difesa, soprattutto nel primo tempo, Kovacic ha saputo fare molto bene entrambe le fasi. Preciso in fase di costruzione, ha saputo dare ordine alla manovra, facendole cambiare ritmo alla squadra grazie a verticalizzazioni precise, come quella che nel secondo tempo ha portato al 2-0 di Palacio.
Bene anche in fase di interdizione, il giovane ex Dinamo ha recuperato diversi palloni, aiutando Gargano a fungere da specchio davanti alla difesa.
Le doti che di Kovacic che hanno sorpreso e stuzzicato di più però, sono state senza dubbio il dinamismo, la personalità e l'abilità nel puntare l'uomo; Mateo ha preso subito in mano il centrocampo dell'Inter, come se vestisse la maglia nerazzurra da anni.
L'impressione però è che quello di regista non sia il ruolo più adatto a lui. Troppo veloce e bravo nell'inserirsi per limitarlo davanti alla difesa.
Con Kuzmanovic in mezzo a dare qualità, i polmoni di Gargano e il dinamismo di Kovacic, il gioco dell'Inter potrebbe davvero cambiare volto e al contempo verrebbe permesso a Guarin di svolgere l'elastico tra mediana e reparto avanzato.
All'Inter ci vanno piano, la relazione è appena iniziata, tanto che Strama a fine partita non ha concesso a Kovacic di rilasciare interviste. Piedi di piombo necessari insomma, anche se a noi sembrano già due cuori e uno stadio, pardòn una capanna.
Davide Bernardi
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