Estro, fantasia, sinistro. Tanto sinistro, forse solo quello. Ma per uno che ce l’ha così, come Ruben, forse può bastare. Classe 1990, jolly offensivo di talento, cristallino come il cielo di San Juan, città natale del “Pibe”: regione del Cuyo, Nord-Ovest dell’ Argentina. Arrivo previsto a Milano? Maggio/Giugno 2013, per essere abile e arruolabile nella prossima stagione dell’Internazionale Milano.
Ragazzo ribelle, Ruben Botta. Se ne va, sbattendo la porta, da quel Boca Junior che lo ha allevato sino al 2009, colpevole a suo dire di non puntare troppo su di lui, preferendo Fernandez e Colazo nel suo ruolo in prima squadra. Finisce all’Atletico Tigre, squadra di Victoria, nella provincia della grande Buenos Aires, dove di trofei ne hanno visti pochi, e nemmeno recentemente. Dall’esordio proprio contro il Boca e poco spazio nelle prime stagioni, all’improvviso pedina fondamentale nel tridente a supporto della punta del 4-3-2-1 di Mister Gorosito. Alejandro, secondo nome di Ruben, convince tutti a suon di assist e goal,
attirando l’attenzione dell’Europa che conta, con club come Juventus, Roma e Tottenham.
L’impresa di portare un titolo nella polverosa bacheca dello “Jose Dellagiovana” rimane però un sogno amaro, come il ricordo della finale più importante della storia del Club, quella Libertadores 2012 giocata solo quarantacinque minuti. Per info, chiamare la polizia brasiliana.
Ruben non rinnova, l’Inter non se lo fa scappare. Contratto di 5 anni a poco più di un milione a stagione, arriva a parametro zero, buona notizia, soprattutto per il petroliere Moratti. Ennesima scommessa? Può darsi. Una cosa è certa: gli argentini hanno fatto grande l’Inter, e Moratti ha sempre avuto un debole per i mancini sudamericani. Non male come punto di partenza.
Davide Battistini
@DaddeBattistini on Twitter
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